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Velletri, una mostra e due convegni per i cento anni di Pier Paolo Pasolini

Fino a sabato 26 esposti 11 quadri di grandi dimensioni ispirati al libro di Pasolini “Le ceneri di Gramsci”, da cui la mostra prende il nome

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Velletri protagonista delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini. Una grande mostra di opere del maestro Franco Rossi alla Casa delle culture e della musica caratterizzerà nella città dei Castelli Romani il ricordo del poeta, regista e scrittore dal 12 al 26 novembre. L’inaugurazione della mostra e il taglio del nastro da parte del sindaco di Velletri, Orlando Pocci, ci sono stati il 12 negli spazi dell’importante centro culturale dell’ex Convento del Carmine e della Fondazione che ne cura le attività. La mostra è aperta fino a sabato 26 novembre, giorno per il quale è previsto un convengo a chiusura dell’iniziativa.

Una personale dedicata a Pier Paolo Pasolini, in occasione del centenario della sua nascita, con undici grandi opere, che costituiscono il ciclo pittorico Le ceneri di Gramsci. Un appuntamento di grande rilievo per Velletri e i Castelli Romani e per la regione Lazio. La mostra è stata illustrata dal docente di arte sacra Rodolfo Papa, presidente dell’Accademia urbana delle arti. L’evento, che ha una valenza culturale nazionale, ha visto la partecipazione di numerosi esponenti istituzionali e tra questi il consigliere regionale Daniele Ognibene, che ha anche avuto il delicato incarico di coordinare e presiedere i due momenti di riflessione ed analisi.

Il primo si è tenuto il 12 novembre, sul tema Pasolini e la pittura, immediatamente dopo l’inaugurazione dello spazio espositivo, con l’intervento del professor Marco Brandizzi, ex rettore dell’Accademia delle Belle Arti a L’Aquila e docente all’Accademia di Belle Arti di Roma. Il secondo evento, che si terrà il 26 novembre, sul tema Pasolini e la musica, vedrà protagonisti il professor Roberto Calabretto, docente all’Università di Udine, e il professor Giandomenico Curi, docente all’Università di Roma Tre.

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Quest’ultimo presenterà il suo recente libro, Il me pais al è colòur smarit – Pier Paolo Pasolini e Giovanna Marini, nel quale viene raccontata la passione di Pasolini per la musica popolare e la relazione con la cantante folk Giovanna Marini. Porteranno i loro contributi il sindaco di Velletri e numerosi esponenti delle istituzioni, della società civile e dei media. Entrambi gli incontri sono previsti nell’Auditorium della Casa delle culture e della musica con inizio alle 10.

Una grandiosa progettazione

Il lavoro di Franco Rossi e le opere esposte sono costituiti da undici quadri di grandi dimensioni, dipinti dal 1990 al 2014. I quadri si ispirano ai poemi contenuti nel libro di Pasolini Le ceneri di Gramsci, pubblicato nel 1957, da cui la mostra prende il nome. Nella pittura di Franco Rossi le tematiche dell’intellettuale contemporaneo di fronte alla vita ci sono tutte.

Appaiono le complessità dello sdoppiamento della personalità e il senso del dolore e del destino in una rilettura del Rinascimento, dell’Espressionismo e di molti elementi culturali del ‘900, compresa una sorta di rilettura borgesiana che pone come fondamento l’universalità dell’unicità e irripetibilità dell’individuo, nel suo percorrere la storia che è sociale e individuale. C’è inoltre la memoria della storia.

La grandiosità della progettazione nasce quale effetto diretto della complessità di pensiero innervata dalla struttura stilistica. Rossi opera convinto della possibilità di recuperare, attraverso l’arte, la conoscenza non delle singole cose, ma delle forze generatrici degli accadimenti umani, nell’urgenza di coniugare il secolo trascorso con il frutto maturo di un futuro Umanesimo. L’artista lavora molto tra appunti, disegni, progetti e fogli sparsi, ma l’ampiezza di documenti, scritte, segni e disegni fa pensare ad una operatività continua, ad un’urgenza produttiva e allo stesso tempo ad una timida rappresentazione di se stesso.

C’è una diligenza compositiva, anche negli appunti, che sono il preludio alle grandi opere, alle dimensioni vaste, alle invadenze spaziali, all’elevato respiro di tele che in qualche caso sembrano cieli, in qualche altro territori estesi, padroneggiando i grandi spazi con una temerarietà e sicurezza difficilmente riscontrabili oggi. Nella calcolata spazialità, ritmata tra segni, semirette, semicerchi compare la luce che si diffonde di solito orizzontalmente, invasiva e totalizzante, gettando luminosità su tutta la superficie pittorica.

Rossi ama i cicli articolati, le sinfonie allegoriche in grado di sublimare epicamente la contemporaneità storica. Egli non racconta, non rappresenta; traduce un sentimento visivo sviluppando immagini e forme d’intensa suggestione: orrori e speranze, illusioni e tragedie, grandezze e miserie del nostro tempo. La sua forza concentrata trasfigura stimoli provenienti dalle fonti più diverse: richiami a William Blake, a Chaim Soutine, a Francis Bacon, a Henry Moore, frammenti dell’iconografia giornalistica e di documenti di cronaca, tracce della mitologia rivisitate dal neoclassicismo, ricordi di testi poetici e della pubblicità, riorganizzati con arbitrio fantastico, con energia impetuosa del gesto, in scenari drammatici e in figure allusive.

L’affabulazione continua e sorprendente, pur alimentandosi ad un materiale ricco e variegato, non si arena nelle secche della letteratura. L’idea del quadro si sviluppa lungo una serie di abbozzi, studi, disegni, come un’immagine vagante nel dormiveglia, tagliata da scorci e da particolari costretti in serrati montaggi di teatrale eloquenza. Apologhi raffinati e potenti, oscuri e afferranti, scomposizioni e ricomposizioni, costituiscono uno spazio anti-naturalista tutto mentale, realistico nell’ambivalenza del simbolo.

Il richiamo a Blake, il collegamento al filone visionario del primo romanticismo, derivano dall’attenzione per le trame della storia, rivissuto nella sospensione astratta del sogno. Come per l’artista inglese che portò nella pittura una carica intensa di misticismo visionario, anche per Rossi il momento dell’umano coincide con il sublime. E tuttavia, a segnare lo scarto moderno rispetto al maestro, attraverso un’operazione tutta intellettuale, egli cala il sublime nella prosa della contingenza, sublimando nel contempo il contingente secondo un movimento ascendente e discendente costituito da equilibri precari e verità messe continuamente in discussione. 

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