A sette mesi dall’entrata in vigore del nuovo contratto nazionale di lavoro della cooperazione sociale e a otto dalla sua sottoscrizione, in Umbria solo una piccola parte dei “committenti”, ovvero stazioni appaltanti pubbliche, ha adeguato i contratti e recepito le novità normative. A denunciarlo è l’Osservatorio regionale dell’Umbria su appalti ed accreditamenti, formato da centrali cooperative (Legacoop, Confcooperative, Agci) e organizzazioni sindacali (Fp Cgil, Fp e Fisascat Cisl, Uil Fpl e Uiltucs), che ieri nel corso di una conferenza stampa ha presentato un report sul “riconoscimento del valore della cooperazione sociale”.
In Umbria sono 280 le cooperative sociali attive, che erogano complessivamente servizi per un valore di 260 milioni con 9.500 addetti. Per le cooperative sociali il nuovo contratto determina nel 2024 un incremento del costo del lavoro di 12 milioni di euro. In termini percentuali questo si traduce in un incremento del costo del lavoro di oltre il 5%, che a regime arriverà ad oltre 15 punti percentuali. E dato che il 90% dei ricavi delle cooperative stesse proviene dalle amministrazioni pubbliche (Usl, Comuni ed altri enti), la sostenibilità del welfare locale è a rischio in assenza di un pieno riconoscimento da parte delle amministrazioni pubbliche dei dovuti incrementi a favore delle cooperative sociali.
Commenta Gianfranco Piombaroli, presidente di Agci Umbria imprese sociali: «A distanza di otto mesi dalla sottoscrizione dell’accordo di rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle Cooperative sociali, risulta ancora largamente insufficiente la risposta della pubblica committenza riguardo all’adeguamento dei contratti di appalto e di affidamento. Questa situazione, già grave di per sé, diventa ancora più drammatica nell’ambito della Cooperazione sociale di tipo B, finalizzata all’inserimento lavorativo, per la quale le pubbliche amministrazioni non hanno previsto, finora, alcun adeguamento».