La nazionale “mondiale” di Lippi, quella che fece piangere in fila indiana la Germania a casa sua e la Francia nella notte magica di Berlino, un milione abbondante di tifosi in delirio al Circo Massimo li portò con un filo di acceleratore. Quindici anni dopo la nazionale “europea” di Mancini, che ha mandato in psicoanalisi e sempre in fila indiana dopo il girone eliminatorio, l’Austria, il Belgio, i campioni del 2012 della Spagna e i perdenti di successo dell’Inghilterra direttamente dal divano di casa loro, non ha scomodato il Circo Massimo solo perché copiare non è una bella cosa. Ma il giro di Roma su un bus scoperto nessuno si è fatto sfiorare dall’idea di negarlo.
Alla faccia dei distanziamenti, dei consigli che erano arrivati nelle ore precedenti una finale ancora da vincere. La variante Delta? La variante Delta Plus? Ma chissenefrega. Per il calcio si fa tutto, ci mancherebbe. L’italiano ha fame di calcio, si è visto nell’abbraccio da Aosta a Palermo che ha unito finalmente un Paese che non ne può più di sentire delle scissioni dei grillini, di Salvini sorpassato dalla Meloni, da Letta che fa rimpiangere tutti i sui predecessori, di Renzi che non le manda mai a dire. E che gli italiani hanno fame di calcio lo sanno tutti, dalla politica ai palazzi del Calcio stesso. Per una vittoria arrivata nella data che ormai è da considerare ‘el dia del partido’, l’11 luglio. L’11 luglio di 39 anni fa pianse la Germania a Madrid, finale mondiale. E quando c’è di mezzo l’Italia e la ‘chimica’ giusta, le altre debbono solo tremare.
Le parole di Bonucci dopo il giro nel centro della Capitale sono state eloquenti: «Il giro di Roma sul pullman scoperto lo dobbiamo ai tifosi». Ed è giusto così.
Abbiamo per un attimo immaginato una soluzione differente. Non perché non siamo tifosi, anzi. Lo siamo e pure incalliti, reduci da un mese di bella sofferenza. Ma l’appello alla prudenza che rimbalzava da più parti (lo stesso sottosegretario alla Sanità, Sileri, ha detto nelle ore post-trionfo che «ci dobbiamo abituare all’idea di una risalita dei contagi…») aveva fatto balenare un’idea in noi: perché non organizzare invece, magari durante la finestra relativa alla prima sosta di campionato, un’amichevole-spettacolo all’Olimpico di Roma tra le nazionali vincitrici dei rispettivi campionati continentali, l’Italia e l’Argentina?
A novembre, con gli stadi in maniera auspicabile al 100% della capienza. Davanti ad un ospite d’eccezione, Papa Francesco. La “sua” Albiceleste e la “sua” Italia. Fratelli ma anche fantastici rivali nella storia del calcio. A due passi da casa sua, dalle mura vaticane. E c’è di più: con l’intero incasso da devolvere alla Sanità, sotto lo stretto controllo dello Stato centrale (e non delle Regioni), per la creazione di nuovi posti di terapia intensiva in tutti gli ospedali del Bel Paese. Una partita, quella tra le stelle di Italia e Argentina, da trasmettere in diretta Rai, sullo stile Telethon: un numero verde sempre per la raccolta fondi in diretta e sul maxi-schermo dell’Olimpico il numeratore che cresce…
Il pullman è partito, il bagno di folla nella Città Eterna è sempre qualcosa che merita un posto privilegiato nella vita di ogni italiano e non solo di un calciatore, ma l’idea di questa partita, una sorta di Supercoppa Europa-America, abbiamo provato a sognarla come bambini. E ci hanno insegnato che sognare non costa nulla, anzi è una delle poche cose che sono ancora gratis…