«La diversità causa timore ed estraniazione; a qualcuno addirittura paura». È racchiuso in queste parole della scrittrice bolognese Monica Ascani il senso profondo di “Come in un film”, il suo racconto che ha vinto il concorso letterario “Racconti nel cassetto”, indetto dall’associazione culturale calabrese “Donne insieme”, che ha visto in gara ben 98 opere. La premiazione si è svolta nel contesto della manifestazione “Bookfestival” di Bova Marina (Reggio Calabria).
Nella realtà, in effetti, non è tutto come in un film. Sembra che il disagio maggiore non venga dalla disabilità, ma dall’atteggiamento delle persone verso la disabilità stessa e le sue problematiche. Ascani, attraverso l’espediente letterario del racconto, mette a nudo questa realtà, con la quale pone a confronto il lettore.
A fare le spese di questa situazione non è solo il soggetto interessato in prima persona, ma anche tutta la sua famiglia, sulla quale grava il peso di sostenerlo, assisterlo e anche, in conseguenza di quanto detto sopra, proteggerlo. Spesso in situazioni in cui le strutture pubbliche, che dovrebbero farsi carico di queste situazioni di difficoltà, come dovrebbe succedere in un Paese civile e moderno, latitano. E lasciano alle famiglie e alle associazioni ogni onere. Tanto che è stato coniato anche un termine, “sussidiarietà”, per istituzionalizzare le situazioni in cui lo Stato, in tutte le sue articolazioni, fa un passo (ma anche di più) indietro, lasciando le responsabilità alle famiglie e alle associazioni.
Intere famiglie, quindi, vivono in un limbo, quando non si tratta di un vero e proprio carcere. Una reclusione alla quale il protagonista del racconto di Ascani, un ragazzo paraplegico, alla fine cerca di mettere fine con il gesto più estremo.
Al secondo posto si è classificato il racconto della scrittrice “di casa” Daniela Zema, di Condofuri, cittadina del reggino dove ha sede l’associazione organizzatrice. “Se mi impegno a tratti posso anche volare”, la sua opera, affronta un altro tema scottante e devastante per chi si trova a vivere la situazione che descrive: la violenza contro le donne.
La protagonista del racconto scrive a se stessa una lunga lettera immaginaria e ripercorre la sua storia d’amore malato, di botte e di insulti, di scuse e poi di schiaffi e ancora insulti, in una routine che la porta in fondo ad un baratro senza uscita. Apparentemente senza uscita: perché la via di fuga c’è da questa «malattia a breve termine», come la definisce l’autrice.
«Tutte queste donne – spiega Zema – dovrebbero essere forti, dovrebbero avvalersi degli ausili forniti dal nostro ordinamento: assistenti sociali, avvocati, il recente codice rosso». Un impegno, anche questo, in carico spesso a volontari e associazioni, come la stessa associazione “Donne insieme”, molto attiva anche su questo fronte.
“La soffitta” e “Mondo” sono i racconti che si sono divisi ex aequo il terzo posto. Stefano Giraldi Cedena, fiorentino, è l’autore del primo, che racconta in un misto di nostalgia e sogno la riscoperta, nella soffitta della casa dov’è cresciuto, dei propri giochi dell’infanzia di Tiziano, il protagonista. Protagonista del secondo racconto, il sui autore è il modenese Massimiliano Albinici, è invece il classico pazzo del villaggio, colpevole degli omicidi di fratello e cognata mai perseguiti dalla giustizia, commessi in stato di ubriachezza. La sua “missione” diventa, un giorno, salvare il nipote, figlio di quel fratello da lui ucciso, proprio da quell’alcol che ha portato lui a rovinare la sua vita. Ma non sempre tutto è come appare.
La premiazione, introdotta dalla vicepresidente dell’associazione “Donne insieme”, Vincenza Marino, è stata fatta dalla presidente, l’avvocata Domenica Clemensi, che ha anche consegnato un riconoscimento alla giuria, con l‘intervento delle socie Maria Gabriella Guglielmini, Donatella Guglielmini e Loredana Curatola.