Si definisce così, Roberto Oliveri: «Sono nato in Argentina e all’età di due anni mi sono trasferito a Napoli, dove ho vissuto gran parte della mia vita. Adesso vivo a Roma da un po’ di anni. Amo molti sport e, da persona curiosa, ne pratico sempre di nuovi. Amo giocare a calcio, ed oggi gioco spesso per beneficenza. Partito dal teatro, che ancora oggi cerco di fare, ho avuto varie esperienze audiovisive. Una frase che mi appartiene particolarmente è: Palco, piedi scalzi e pelle d’oca».
Ha raggiunto il grande pubblico col personaggio di Ronni, braccio armato di Sangue Blu nella serie iconica Gomorra. Ne parla così: «Gomorra è stata la mia prima grande occasione, che mi ha permesso di lavorare in un ottimo progetto internazionale, migliorando la mia qualità interpretativa per poi affrontare nel frattempo e dopo, altri progetti come il film “É stata la mano di Dio”, la serie tv “Diavoli” ed altri progetti».
Gli chiedo del festival a cui ha partecipato recentemente, il Fara Film Festival (20-23 luglio), ricevendo un premio speciale. «Esser premiati ad un festival è sempre piacevole perché è uno stimolo a fare sempre bene, e per noi attori avere riconoscimenti è come una pacca sulla spalla per dire: bravo, continua così».
Alla domanda su quando ha deciso di fare l’attore, risponde: «Da sempre ho avuto la passione per la recitazione, sin dalle scuole elementari, dove volevo sempre fare il protagonista delle recite. Poi, dopo aver concluso la mia carriera calcistica, finita troppo presto all’età di 17 anni, mi sono imbattuto in vari corsi, un’accademia e da lì son partito facendo teatro per poi arrivare anche nel mondo dell’’audiovisivo».
E chiedo anche se prova mai paura di rimanere intrappolato in un personaggio, cioè se teme che il pubblico lo identifichi per sempre con un “carattere” che ha già interpretato. Roberto replica: «No, paura no: sono abbastanza versatile. Sicuramente quando interpreti personaggi in progetti molto forti può rimanere un po’ di scia di quel personaggio, ma l’importante è riuscire a diversificare, anche lì dove il genere è lo stesso o no».
Alla mia richiesta se abbia un rimpianto professionale, l’attore afferma: «No, devo dire ancora no. Magari più in là potrebbe succedere».
E se esiste un incontro che lo abbia cambiato: «Sicuramente quello con Paolo Sorrentino, che mi ha dato la possibilità di lavorare in un suo film molto intimo e mi ha fornito molta più consapevolezza e precisione nella recitazione. Poi penso che ogni conoscenza ti dia qualcosa, nel bene e nel male».
Si presta anche al gioco delle “classiche” domande di Drinking, il ciclo di incontri che curo: supereroe, macchina del tempo, drink preferito, come salvare il mondo.
«Il mio supereroe preferito, tra vari, posso dire essere Batman. Il superpotere che mi piacerebbe avere è quello dell’invisibilità. Se avessi la macchina del tempo andrei ogni giorno in un posto diverso. Ma probabilmente andrei a qualche anno fa, mentre mangiavo con mio nonno un bel piatto di spaghetti. Il mio drink preferito è un buon gin tonic».
«Per salvare o migliorare il mondo, sicuramente posso far tutto quello che una singola persona è in grado di fare nel suo piccolo. Mi stanno molto a cuore la natura ed il pianeta, anche se a volte mi rendo conto che non è facile uscire da un certo consumismo ed egoismo. Se dovessi fantasticare direi: poter ricreare tutto quello che viene distrutto dall’uomo e non».
Sulla descrizione della sua vacanza ideale, risponde: «Furgone camperizzato, un falò a strapiombo sul mare e una bella compagnia». Infine, parla dei suoi progetti in cantiere: «Tra qualche mese girerò il mio primo cortometraggio, che si chiamerà “Al di là del buco”. È la storia di un clochard, che soffre di claustrofobia sociale. Scritto, diretto ed interpretato da me. Nel prossimo autunno, sarò all’interno di una nuova serie che si chiamerà “La voce che hai dentro”, in onda su Canale 5. Poi ho un progetto internazionale come attore, un progetto sudamericano, ma ne parlerò più in là».