Si susseguono in questi giorni tanti e troppi nuovi casi di violenza sulle donne nel nostro bel Paese. Da ultimo la ragazza che ha partorito ad 11 anni, violentata da un vicino di casa, condannato con una pena inferiore all’età della vittima quando fu commesso il fatto. Una sentenza che ha suscitato polemiche, di fronte alla consapevolezza del fatto che essere violentate e rese incinte a 11 anni è un reato contro l’umanità.
In Italia la violenza di genere è ancora molto sottovalutata. D’altronde fino al 1996 era un reato contro la morale e non contro la persona. Il problema è sociale ed educativo: si insegna alle donne a difendersi dalla violenza e non si insegna agli uomini che la violenza non è “uno sbaglio”, è un reato.
Si potranno fare tutte le riforme che si vogliono, ma senza una rete sociale (e delle forze dell’ordine che quando chiamate da una donna intervengano subito senza dire, come spesso viene raccontato, «Non potete mettervi d’accordo?») non si va da nessuna parte.
I magistrati devono essere educati anch’essi, pagare per i propri errori e infliggere pene certe e severe. E, da ultimo, se il nostro governo anziché investire denari pubblici per difendere guerre tra gli altrui confini, si occupasse di investire denari per difendere chi tutti i giorni tra le proprie mura domestiche subisce ogni tipo di violenza e soprusi, si dimostrerebbe un po’ più civile.
Perché la violenza non è “uno sbaglio”: è un reato. Di cui però da noi le pene non sono mai né certe né celeri.