Da cittadino e da padre separato, penso che la vicenda di una mamma e un papà che si separano sia un fatto privatissimo che non dà diritto a nessuno, in nessun contesto, di ergersi a giudice e di portare quel fatto sulla piazza del dibattito pubblico. Soprattutto nell’interesse dei minori, i quali in una separazione sono sempre i soggetti più deboli, che porteranno dentro di loro per tutta la vita il vissuto di quei giorni.
Da giornalista, ho sempre come punto di riferimento le norme codificate nel Testo Unico della deontologia professionale e gli insegnamenti dei grandi maestri della cronaca di un tempo su cosa sia il giornalismo: le notizie vanno cercate, verificate e debbono essere sempre date avendo come punto di riferimento l’interesse alla formazione dell’opinione pubblica, l’analisi critica dei fatti e il rispetto delle persone. Il rincorrere il gossip, oggi seminato a piene mani e senza scrupoli nel web, così come il costruire interi servizi sui tweet dei politici o sui post degli influencer, sono pratiche che hanno ben poco, e talvolta nulla, a che fare con il giornalismo.
Ma se tu sei una donna pubblica, che ha costruito la propria fortuna politica ed elettorale sulla feroce critica verso gli altri, le loro scelte, i loro orientamenti sessuali, il loro stile di vita, sei tu che devi sentirti in dovere di rendere conto all’opinione pubblica. Non delle tue vicende personali, ovviamente, ma di come interpreti la coerenza tra affermazioni pubbliche e prassi personale.
Se sei cristiana e lo urli orogogliosamente (è un tuo diritto, sia chiaro) dal palco per affermare il primato della tua visione di famiglia “tradizionale” (sulle tradizioni, qui eviterei di aprire un capitolo di analisi storico-sociologica che meriterebbe approfondimenti troppo dettagliati), una domanda sorge spontanea. Se sei una donna comune, il rispetto dei valori della “famiglia tradizionale” ti impone, stando alle norme morali codificate, il matrimonio sacramentale, la vita sessuale rivolta alla procreazione con il proprio coniuge, l’indissolubilità del rapporto consacrato con tuo marito finché morte non vi separi, qualunque cosa succeda. Ma se sei una donna pubblica, queste norme morali non avrebbero forse lo stesso valore cogente e sono coerenti con le critiche che rivolgi, per ottenere consensi elettorali, alle famiglie “non tradizionali”? E soprattutto, all’inverso, se rivendichi per te questi diritti, non dovresti lasciare agli altri la stessa libertà di essere comunque “famiglia”, costruita sulla base dei sentimenti e non di norme morali dettate a priori da altri?
È a questa domanda che l’opinione pubblica ha diritto a una risposta. Il gossip, in questo contesto, rischia anche di diventare una “arma di distrazione di massa”, come spesso capita quando si getta l’occhio sulla vita privata invece di prestare la mente e l’attenzione dei media alla gestione delle vicende pubbliche e alla coerenza tra parole, pensiero e azione. Perché il popolo può essere realmente sovrano (come afferma l’articolo 1 della nostra Costituzione) solo quando è messo in condizione di scegliere a ragion veduta una classe dirigente che sappia salire sul palcoscenico della vita pubblica avendo la stessa guida etica della propria vita privata.