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“Mare fuori”: possiamo essere noi chi vogliamo essere?

Successo per la serie Rai: ragazzi che combattono la fragilità che ognuno ha dentro di sé. Per comprendere la debolezza che vive nelle persone

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Com’è possibile che, ancora oggi, i giovani debbano far parte di un mondo impetuoso? Una realtà che non appartiene a loro? Un mondo di violenza, di continue lotte, di scelte, di conti in sospeso con il proprio destino e con sbagli commessi dai loro familiari che poi, con il tempo, ricadranno su di loro. La fiction co-prodotta da Rai Fiction e Picomedia, Mare Fuori, ha raggiunto in soli due mesi 30 milioni di visualizzazioni riuscendo ad oltrepassare anche i confini nazionali. Numeri che eguagliano, se non superano, quelli di Netflix con le proprie serie televisive.

La serie narra la storia di giovani, provenienti da realtà diverse, che si ritrovano a scontare la loro pena all’interno del carcere minorile di Napoli quale diretta conseguenza di alcune azioni sbagliate, a volte commesse per proteggere se stessi o le persone che amano, mentre altre solo per prevaricare gli altri. Ragazzi, la cui età varia dai 16 ai 18 anni, che si ritrovano ad affrontare le loro paure, la loro solitudine e anche le loro fragilità.

Si, perché quello che accomuna questi adolescenti rinchiusi in un carcere è la fragilità che ognuno di loro porta dentro di sé. Tutti i protagonisti sembrano indossare una sorta di maschera che li aiuta a nascondere quella che è la parte umana e fragile che vive dentro di essi.

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Come Ciro, uno degli adolescenti presenti all’interno del carcere e figlio di un boss di Napoli, che ha vissuto la sua giovane vita secondo le regole della camorra e del padre. Un ragazzo ormai accecato dalla sete di potere e dalla brama di avere tutto e subito che vede nella criminalità il suo solo futuro, l’unico modo per andare avanti in questo mondo.

Un ideale, quello del giovane, che si dissolve nell’esatto istante in cui viene accoltellato a morte. Solo nei momenti immediatamente precedenti al suo ultimo respiro, Ciro manifesta l’innocenza comune ai ragazzi, il suo attaccamento alla vita e la paura di morire.

Ed è grazie a questa serie che noi possiamo comprendere la debolezza che vive nelle persone, che siano adolescenti all’interno di un carcere o dei semplici ragazzi che vivono la loro vita. Quello che ci presenta la fiction è una realtà che non tutti possiamo comprendere. Una realtà che possiamo, se vogliamo, modificare.

È assurdo come tutto possa cambiare in un secondo e come possa avvenire a causa di un’azione presa senza pensare poiché accecati da qualcosa che non ci appartiene realmente. E siamo noi che poi dobbiamo riprendere in mano la nostra vita, fare i conti con noi stessi e chiarire chi siamo veramente e cosa vogliamo.

Perché fingere di essere ciò che non siamo?

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Aurora Carraturo
Aurora Carraturo
Sono nata in Belgio, a Bruxelles, dove ha sede il Parlamento europeo. Studio lingue e parlo francese, inglese e spagnolo. Mi piace leggere e amo guardare i film e le serie tv. Mi piace lo sport e, infatti, seguo la Formula 1 e qualche volta anche il calcio e il basket. Ho praticato scherma e continuo a guardarla in televisione.
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