Manuela Chiarottino è nata e vive in provincia di Torino. Vincitrice del concorso Verbania for Women 2019 e del Premio nazionale di letteratura per l’infanzia Fondazione Marazza 2019, nella scrittura ama il genere rosa, declinato in diverse sfumature. Apprezzata dal pubblico e dalle case editrici, ha pubblicato più volte con Rizzoli e sono numerosissime le sue opere in libreria, tanto da essere uscita con cinque novità editoriali anche in un anno notoriamente complesso come il 2020. Opera nel mercato letterario non solo nelle vesti di autrice ma anche di editor e ghostwriter.
Manuela, quanti “salti letterari” hai compiuto nella tua carriera di scrittrice?
«Sono partita con un romanzo self per pubblicare poi i due successivi con Rizzoli, sono passata dal romance a romanzi dai temi forti, ottenendo il patrocinio della Fondazione Molinette di Torino e quella del centro nazionale Bullistop, fino a scrivere storie per bambini e approdare anche al rosa storico».
Insomma, ti piace sperimentare e metterti in gioco. Quali sono i generi letterari attualmente più amati dal grande pubblico?
«Il rosa è sicuramente un genere da sempre amato dalle lettrici di ogni età, i ragazzi seguono molto il fantasy e in generale il thriller è molto richiesto. Ma soprattutto il lettore cerca storie originali che, pur appartenendo a un genere definito con tutte le sue caratteristiche e regole, non sia una fotocopia di storie già lette».
Parlando di letteratura per bambini e ragazzi, valgono le stesse dinamiche di quella per adulti?
«La costruzione di una storia è sempre la stessa. Sicuramente bisogna stare attenti al linguaggio, alle parole che vengono usate e di norma la storia dovrebbe veicolare un insegnamento».
Per essere letti indistintamente da uomini e donne, quali tematiche conviene trattare e quali tralasciare?
«Sicuramente nel romance sono più seguita dalle donne, però uno dei miei romanzi cosiddetti rosa, “La bambina che annusava i libri”, ha avuto un riscontro anche tra gli uomini, perché il tema principale in fondo non era la storia d’amore, ma un mistero che conduceva a una vera caccia al tesoro tra le bellezze di Firenze e dintorni, nonché alla scoperta degli ex libris, di cui riportavo la storia».
Ritieni che alcuni generi quali, ad esempio, il giallo, il rosa, il Chick lit si siano ormai pienamente riscattati dall’essere considerati letteratura di serie b?
«Per quanto mi riguarda, sicuramente sì. Purtroppo alcuni critici continuano ad apostrofarli in questo modo: spesso sono uomini. Ora i romanzi rosa trattano anche argomenti impegnativi e sociali, “sfruttando” la storia d’amore che rimane un elemento essenziale ma non l’unico».
Veniamo a te nelle vesti di editor. Cosa fa esattamente questa figura e perché è tanto invisa da molti autori?
«L’editor è una figura professionale che si occupa di revisionare un testo e correggerne gli errori, da non confondere con il correttore di bozze. Io controllo l’opera nel suo insieme, rilevo i punti di criticità così come quelli di forza, controllo i contenuti, la prosa, la coerenza e la scorrevolezza della trama, la costruzione dei dialoghi e dei personaggi, lo stile comunicativo, le informazioni che vengono riportate. Insomma, tutto ciò che può migliorare un testo per renderlo idoneo alla pubblicazione. A volte gli autori temono che il loro romanzo venga stravolto, ma in realtà un editor cerca solo di valorizzarlo, suggerendo dove lavorare e confrontandosi sempre con l’autore stesso. O almeno è quello che faccio io, spiegando passo passo le mie correzioni e i suggerimenti, e facendo diventare questa esperienza quasi un corso di scrittura e narrativa».
L’editing viene svolto a più livelli?
«L’editing può essere distinto in formale o stilistico e riguarda la correttezza sintattica e grammaticale. Quello contenutistico riguarda i contenuti, quindi se la trama è avvincente e soprattutto coerente, se le informazioni riportate nel testo sono corrette, se i personaggi sono stati ben caratterizzati e con dialoghi efficaci e credibili. L’editing grafico appartiene più alla sfera degli impaginatori o dei revisori e infine quello strutturale verifica che la struttura della trama sia solida, che i contenuti siano disposti in modo opportuno, che il ritmo sia fluido e i personaggi ben equilibrati a seconda del loro ruolo nella storia. Di norma si distingue solo tra editing leggero e complesso, a seconda delle problematiche del testo».
E la scelta del titolo, solitamente, è appannaggio di chi?
«La scelta del titolo spetta all’autore: l’editor può consigliare. Ma bisogna considerare che l’ultima parola spetterà alla casa editrice. Consiglio sempre di controllare che il titolo non sia già stato usato, anche se in un romanzo del passato».
Quali domande dovrebbe porsi un autore o un’autrice durante la stesura di un manoscritto? O, detto in altro modo, quali sono gli errori più comuni che riscontri?
«L’autore deve ricordarsi sempre che ogni personaggio o dettaglio inserito deve avere una sua funzione all’interno della storia. I dialoghi spesso non sono credibili: devono essere verosimili ma non veri. A volte manca proprio uno studio dei personaggi, una loro caratterizzazione, che va fatta sia per i protagonisti sia per i cosiddetti personaggi secondari, che per me non lo sono mai».
Inoltre, lavori come ghostwriter. Ci racconti chi si rivolge a te, perché e quali sono i miti da sfatare intorno a questa figura che deve rimanere nascosta dietro le quinte?
«Si crede spesso che rivolgersi a un ghostwriter sia appannaggio di pochi, guardando le autobiografie dei vip sugli scaffali. Io credo invece che tutti abbiano il diritto e la possibilità di farsi questo regalo. Scrivere la propria storia è qualcosa che permette di fare pace col proprio passato, di ritrovare memorie che si pensavano dimenticate, di fermare i ricordi e di fare un percorso che, parlo per esperienza, dona sempre una sensazione di benessere. Non è facile, perché i ricordi non sono sempre belli, ma è comunque gratificante e liberatorio. Sicuramente gli stimoli per farlo possono essere molto diversi tra loro: chi ha trasformato la propria storia d’amore in un libro da donare nell’anniversario, chi ha voluto scrivere la propria vita per lasciare un ricordo ai figli, chi ha voluto condividere con gli altri una sua esperienza, chi vuole scrivere la sua vita personale e professionale per presentarsi come professionista, chi vuole liberarsi di un evento passato per guardare poi verso il futuro».
In chiusura, Manuela, quali consigli ti senti di dare a un autore esordiente e quali tappe imprescindibili deve affrontare, dall’idea alla distribuzione, per non compiere passi falsi nell’intricato e inflazionato mondo editoriale?
«Innanzi tutto bisogna avere chiaro il genere che si vuole scrivere e quali sono le sue regole, quindi curare la propria opera nel migliore dei modi, che sia self o che si voglia presentare a una casa editrice, perché quello è il biglietto da visita di un autore e perché non tutte le case editrici svolgono un editing approfondito. Per questo una buona revisione è la prima cosa, la seconda (e qui naturalmente parlo per i self) è scegliere una copertina che richiami la trama e possa colpire. Non tralasciare la scrittura di una buona quarta, perché sono questi due elementi, cover e quarta, ad attirare per primi il lettore. Prepararsi alla promozione creando card professionali. Per chi si rivolge a una casa editrice assicurarsi che non sia a pagamento, che tratti il genere scelto, che ci sia un minimo di revisione sul testo e una correzione bozze finale prima della stampa. Sulla promozione l’autore potrà avere un aiuto, ma sicuramente bisogna mettersi nell’ottica di muoversi in prima persona. Io cerco sempre di accompagnare chi si rivolge a me in tutti questi passaggi, consigliando come muoversi e, per qualsiasi dubbio o informazione, invito a contattarmi, senza alcun impegno: www.storiedascrivere.com».