Il cibo del futuro è un tema che interessa diversi studiosi e tocca importanti questioni di sostenibilità economica e ambientale, oltre a nuove tecnologie. È una questione sempre più urgente perché la popolazione globale è in costante crescita proprio mentre i cambiamenti climatici stanno impattando negativamente la sicurezza alimentare in varie zone del mondo.
La produzione di cibo secondo i modelli attuali – agricoltura, allevamento, pesca, eccetera – sappiamo quanto gravi già ora sull’ambiente e sappiamo quanto sia poco sostenibile: immaginiamo dover aumentare la pressione per produrre di più!
Il consumo di carne non è sostenibile e inquina più delle automobili. Allora sarebbe intelligente orientarsi sui vegetali, che però hanno bisogno di terreno coltivabile e prodotti chimici per ottimizzare le produzioni. Contenere i costi, tenere sotto controllo la sostenibilità e il miglior apporto nutrizionale, considerare gusti e culture e contemporaneamente permettere la diversità che la medicina ci suggerisce: mangiare è un grande rebus!
Il problema di oggi è che la nostra selezione di vegetali e animali operata in tempi moderni si è dimostrata poco, anzi per nulla, idonea a sfamare un mondo in crescita numerica veloce. I principali alimenti del nostro tempo, mais, grano e soia e, soprattutto, i grandi animali allevati, bovini e suini, si sono rivelati pessimi trasformatori e grandi consumatori di risorse ambientali non rinnovabili come terra e acqua. Le tendenze alimentari globali sono mutate, c’è una maggiore richiesta di proteine animali e meno riso, cereali e legumi.
E allora, la ricerca e la scienza, si mescolano e si sbizzarriscono per trovare soluzioni alimentari che possano dare risposte convincenti alle crescenti preoccupazioni.
In materia di cibi del futuro si ipotizza l’incremento della produzione di frutti di grandi dimensioni tra cui il Jackfruit, chiamato in italiano Giaca o Catala. È una pianta tropicale, originaria dell’India coltivata per il suo frutto, il più grande esistente in natura tra quelli che crescono dagli alberi: il frutto, un sincarpo (un frutto composto dalla saldatura di più frutti derivati da un solo fiore), di forma ovale, può superare i 40 cm di diametro e i 30 kg di peso.
La polpa può essere mangiata cruda e il suo sapore ricorda un mix tra ananas, mela, mango e banana, mentre una volta cotta il gusto diventa simile a quello della porchetta. È lavorato anche come il tofu per sostituire la carne, contiene vitamina C, è ricco di proteine, potassio, ferro e calcio e se ne può ricavare anche farina usata in molte preparazioni. È una pianta che si adatta benissimo ai climi molto caldi e, secondo alcuni, sopporterebbe benissimo i cambiamenti climatici e poi è molto versatile: frutti, corteccia, lattice.
Tra i migliori candidati a cibi del futuro in funzione della loro reperibilità, della facilità di coltivazione e delle proprietà nutrizionali, troviamo le alghe, già radicate nella cucina orientale. Tra quelle più citate è da ricordare sicuramente l’alga spirulina, appellata anche super alimento o alimento del futuro dalla Fao nel 2008. Di colore tra il verde e il blu, chiamata spirulina per la sua forma a spirale, è considerato uno degli alimenti più completi per l’organismo umano, ha un alto valore proteico, tra il 55-77% del suo peso, è ricca di vitamine e sali minerali e contiene anche vari acidi grassi insaturi, quelli definiti sani perché in grado di abbassare i trigliceridi e il colesterolo oltre ad aminoacidi essenziali nelle stesse proporzioni del latte materno.
Oggi l’alga spirulina è impiegata in tanti settori nutrizionali e farmaceutici. Sia in casi di malnutrizione sia di sovrappeso si è rivelata una valida alleata per una dieta sana e ricca di nutrienti, per prevenire l’insorgere di anemie o accelerando la comparsa del senso di sazietà. Nel settore alimentare si potrebbero integrare le normali ricette con la spirulina che ne arricchirebbe le proprietà nutrizionali: pane, pasta, biscotti, cioccolato, formaggi e tanti altri tutti potenziati dalla spirulina. Le problematiche relative alla sua produzione in scala mondiale, nonostante sia coltivata da secoli, possono risultare di non immediato realizzo ed è quindi necessario uno sviluppo tecnico e tecnologico.
Chi ha sentito parlare di micoproteine? E di Quorn? Le micoproteine sono derivate dalle cellule dei funghi, o meglio, delle muffe, cresciute in vasche riempite di sciroppo di glucosio. A partire dagli anni ’80 il Quorn, il prodotto aziendale più di rilievo, ottiene i primi permessi di vendita per il consumo umano. La sua caratteristica principale è quella di avere fibre striate di colore rosa, che conferisce al prodotto una consistenza simile alla carne.
Questo è un caso molto particolare di novità alimentare, da considerare ancora in fase sperimentale, nonostante il Quorn sia stato introdotto anche nei componenti dei burger vegetariani di McDonald’s, sicuramente essendo un prodotto di laboratorio, il suo impatto ambientale è sulla carta minimo e possiede valori nutrizionali validi, con una percentuale proteica dell’80% e circa 94kcal per 100 grammi.
Altra curiosità alimentare, almeno per noi, sono le meduse. Diffuse nei principali mari del mondo, facili da allevare e ricche di sostanze nutritive tra cui, proteine, aminoacidi essenziali, collagene, sostanze antiossidanti e sali minerali, già da tempo sono consumate in molti paesi asiatici. Inoltre, con la diminuzione dei predatori naturali, la popolazione delle meduse è destinata a crescere in modo esponenziale avendo una elevata capacità adattativa.
Durante Expo 2015, il Cnr le promosse come importante risorsa tra i cibi alternativi. In Asia vengono comunemente mangiate, essiccate in insalata o fritte in tempura o tagliate a strisce come spaghetti. Costano poco, sono versatili e ricordano i frutti di mare tanto che anche chef stellati propongono alcuni piatti a base di meduse. I valori nutrizionali sono interessanti essendo ricche di collagene e proteine a basso contenuto calorico, in più sono ricche di omega 3 e 6 e una equilibrata presenza di grassi, circa il 20%.
La parte da leoni, nel panorama delle novità alimentari prossime future, la fanno sicuramente gli insetti. Facili da allevare, minima produzione di sottoprodotti riutilizzabili come compost e una resa nutrizionale molto alta. Le specie commestibili in commercio sono oltre 1.900 e già oggi, stando alla Fao, oltre 2 miliardi di persone usano gli insetti come cibo. In 36 paesi africani, 29 asiatici e 23 nelle Americhe, sono consumati regolarmente, mentre in Europa, la Svizzera è stato il primo paese a commercializzare cibi composti da insetti, ma anche in Olanda e Belgio sono in vendita nei supermercati. In Italia, allevare insetti per l’alimentazione umana ha attirato l’attenzione di diverse aziende agricole e l’idea si sta estendendo anche a pastifici e panifici che hanno accettato la sfida di pensare di proporre questo genere di ingrediente nell’ottica di una futura commercializzazione nel nostro paese.
Potrebbero rappresentare una valida scelta dal punto di vista nutrizionale e dell’impatto ambientale. Sono una fonte di cibo altamente nutriente perché forniscono proteine di alta qualità paragonabili a quelle fornite dalla carne e dal pesce e hanno un’alta efficienza di conversione nutrizionale essendo in grado di convertire 2 kg di cibo in 1 kg di massa (un bovino, per esempio, ha bisogno di 8 kg di cibo per aumentare di 1 kg di peso corporeo).
Da un punto di vista ambientale, gli insetti si nutrono di cibo in decomposizione, funghi e piante, risultando perciò molto ecosostenibili. Un grande ostacolo alla loro diffusione è l’associazione a sensi di repulsione dovuti al fatto di essere insetti, anche se chi li mangia assicura che il loro gusto è simile ai gamberetti nel caso dei grilli e alle noci nel caso delle tarme della farina.
Sicuramente si tratta di nuove fonti proteiche a disposizione del fabbisogno della popolazione mondiale, ma siamo pronti a tutto questo? Anche il cibo, come del resto tutti i settori del consumo, ha continuamente bisogno di evolversi e lo fa guardando a usi e costumi lontani, a contaminazioni e all’innovazione.
Ma il bello, il piacere, il gusto, il buono e ben fatto, la tradizione e la cultura del cibo che ogni nazione possiede, è davvero destinato a scomparire? Ci alimenteremo solo per dare al nostro organismo i nutrienti necessari al suo metabolismo? C’è qualcosa che non torna!
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