“Per le sue opere teatrali e la prosa innovativa, che danno voce all’indicibile”. Con questa motivazione, l’Accademia di Svezia ha insignito del Nobel per la letteratura il drammaturgo norvegese Jon Fosse, considerato un genio unico nel panorama letterario europeo e mondiale contemporaneo. L’opera di Fosse è tradotta in più di 40 Paesi nel mondo: ciononostante, la sua notorietà ci coglie un poco impreparati, dobbiamo ammetterlo.
La sua presenza nel mercato editoriale italiano, infatti, non è molto affermata, almeno fino ad oggi, fatta eccezione per ambienti culturali di nicchia. Un Nobel ad un nobilissimo sconosciuto, verrebbe da dirci giocando con le parole (non ce ne voglia il premiato). Ma di fatto il suo nome non circola comunemente tra i lettori nostrani. Nei gruppi di lettura social non se ne fa cenno, cosa che da oggi sicuramente andrà a cambiare.
Anzi, è già cambiata. Questo premio così importante ci dà la voglia e l’impellenza di saperne di più, di scoprire questa sua scrittura dell’indicibile. Iniziamo dunque a conoscere qualcosa di lui sul piano biografico.
Apprendiamo che Jon Fosse è nato nel 1959, dunque 64 anni fa, in Norvegia, dove vive tuttora una vita semplice ed essenziale, come la sua scrittura, incentrata sulla ricerca interiore e sui valori profondi della persona. Proveniente da una famiglia non cattolica, Fosse ha conosciuto una profonda conversione che ne dà la sua misura altamente spirituale.
Ha esordito nella pubblicazione già negli anni 80, con il primo romanzo, Rosso, nero (1983), che fu ben accolto dal pubblico e dalla critica. Negli anni successivi però tutto il suo impegno letterario ha virato decisamente verso la scrittura teatrale. Le opere più citate sono Il nome, Qualcuno arriverà, E la notte canta, Sogno d’autunno e poi vari saggi e tante poesie, che fanno di Fosse lo scrittore più emblematico della scena teatrale contemporanea.
Molto amato e conosciuto in patria, lo scrittore ha raccolto in questi anni una grande notorietà anche in Francia e in Inghilterra, dove è tra gli autori più rappresentati in teatro. Lo hanno definito il nuovo Ibsen, anche se in realtà il suo lavoro, secondo la critica letteraria, si posiziona più vicino a Samuel Beckett e alla sua dimensione dell’assurdo, in quanto esprime fortemente nei suoi testi il disagio interiore dell’uomo contemporaneo, attraverso un linguaggio frugale e rarefatto.
Di recente è tornato alla forma del romanzo, con un’opera molto particolare, Settologia, edita in Italia per La nave di Teseo, che lo ha fatto paragonare al grande scrittore James Joyce di fine Ottocento, per un modo di scrivere senza schemi e punteggiatura, come un flusso continuo di coscienza del protagonista.
Il “minimalismo” di Fosse, a detta dell’Accademia svedese, racconta con profonda lucidità tutte le ombre del nostro tempo, la difficoltà delle relazioni umane, il senso di solitudine degli individui, lo sfaldamento della famiglia, la perdita di valori assoluti. Temi che viviamo tutti sulla nostra pelle. Questo spaesamento si rispecchia in uno stile letterario scarno, pieno di silenzi, privo di punteggiatura.
Insomma, un’opera per chi ha il coraggio di affondare nell’auto-analisi e nell’auto-coscienza, scavando a fondo nell’animo. Nei prossimi giorni c’è da credere che i libri di Fosse si troveranno con grande facilità tanto online quanto in libreria.