Le notizie che non ti aspetti e che, all’improvviso, ti riempiono di sconcerto e di dolore. Quando scompare una persona con cui hai fatto tutto il tuo cammino professionale e anche umano, mancano le parole. E questo 2 novembre è stato particolarmente crudele. Questo giorno dedicato alle persone che non ci sono più ha portato via, insieme, due voci autorevoli e sobrie che hanno assicurato a generazioni di cittadini dei Castelli Romani un’informazione puntuale e completa: Dario Serapiglia e Giovanni Del Frate.
Dario è stato un esempio per tanti di noi, che dopo di lui abbiamo intrapreso la strada professionale cominciando dalla provincia. Corretto, equilibrato, mai sopra le righe. Per decenni colonna portante dell’informazione come corrispondente da Velletri prima del Tempo, poi dell’Ansa e del Messaggero, notissimo anche per essere stato il professore di scuola media di tantissimi ragazzi veliterni e per la sua passione per lo sport, in particolare la pallavolo, alla quale si è dedicato anche come apprezzato allenatore. L’altra sua passione, la cronaca, lo ha accompagnato fino all’ultimo, oltre che con Il Messaggero anche con il settimanale L’Artemisio, che aveva fondato a Velletri insieme a Silvia Ceccacci e di cui era direttore editoriale, evoluzione di Eolo, altro settimanale precedentemente varato dai due giornalisti nel 1995.
«Dario – dice Silvia Ceccacci, direttrice responsabile dell’Artemisio – ha lottato per un anno e mezzo contro il brutto male che l’aveva colpito. Era consapevole di tutto. Ha scelto lui stesso la foto per ricordarlo. Sono 25 anni che lavoravamo insieme…». Una foto con quel sorriso che l’ha sempre accompagnato anche nei momenti più difficili, che la professione e la vita non gli hanno certo risparmiato. Ma non hanno mai spento quel suo sorriso, che lui è stato sempre pronto a rivolgere a tutti.
Nonostante combattesse da oltre un anno e mezzo con il male che l’ha vinto, Dario non ha mancato fino all’ultimo di far leggere la sue parole, con i suoi mondi gentili e competenti, ai tanti affezionali lettori. Lascia il figlio Daniele, anch’egli giornalista oltre che ricercatore universitario, che da tempo per il suo lavoro di ricerca vive e lavora tra Spagna e Portogallo. Originario di Arpino, in provincia di Frosinone, Dario si era trasferito giovanissimo con la sua famiglia a Velletri. È venuto a mancare a 77 anni nella clinica San Raffaele di Monte Compatri.
Lo ricorda così il collega Luciano Sciurba, che da decenni anche lui accompagna con le sue foto i racconti dei cronisti di provincia del Messaggero: «Il professore, come lo chiamavo affettuosamente, è stato per me un grande maestro del giornalismo corretto, puntuale, rispettoso. Lavorare con lui è stato sempre un piacere. A Velletri, Lariano, Nemi, Lanuvio, Genzano, che lui seguiva costantemente negli anni passati come corrispondente del Messaggero, era una vera e propria autorità. Tutti sapevano che quando avrebbe scritto il suo pezzo su un determinato fatto, sarebbe stato corretto, accurato, completo. Mai volgare, sempre elegante e preciso nel vestire e nel parlare, era anche molto umorista e ironico».
I funerali di Dario Serapiglia si terranno domani alle 15 nella Cattedrale di San Clemente a Velletri.
Nella sua abitazione che si affaccia sulla piazza principale di Genzano di Roma, nelle prime ore della mattina, si è spento anche, a 92 anni, il decano dei cronisti dei Castelli Romani, Giovanni Del Frate. Solo la prepotente avanzata delle tecnologie, all’inizio degli anni Duemila, lo aveva spinto ad appendere al chiodo la sua inesauribile penna. Perché proprio la penna, in senso letterale, è stata la sua compagna di avventure. Abituato alla “fatica” dello scrivere a mano, così come quella oggi spesso dimenticata di “consumare le suole delle scarpe” per andare a vedere di persona fatti e personaggi per poterli raccontare per bene, di prima mano.
Si era arreso quando modem, mail e internet avevano mandato in pensione l’ultimo dei dimafonisti, figura ormai mitologica del giornalismo: il tecnico al quale fino a poco più di tre lustri fa telefonavi, dalla prima postazione telefonica disponibile (prima dei cellulari), per dettare parola per parola, virgola per virgola, il pezzo con cui raccontavi quello che avevi appena visto, sentito, toccato con mano. E, quindi, accortamente verificato: mai avresti potuto sopportare di “dare in pasto” ai tuoi lettori un racconto di seconda o terza mano. Abitudini spesso dimenticate, oggi che il copia-incolla dal web o dalla mail ha contribuito, per la superficialità di pochi, a dequalificare l’immagine di molti che ancora oggi vogliono verificare, sentire e vedere prima di pubblicare.
Era una istituzione: era lui che seguiva ogni anno la tradizione infiorata di Genzano, della quale inviava puntuali e colorite corrispondenze al Messaggero. Era un profondo conoscitore del territorio e delle persone, che incontrava quotidianamente anche nella tabaccheria, cartoleria e ricevitoria che gestiva con il fratello Sebastiano, scomparso anche lui mesi fa, nel centro di Genzano, ora gestita dai nipoti, che gli sono stati vicini nell’ultimo periodo, in cui aveva avuto problemi di salute.
«Era molto amato a Genzano – ricorda ancora Sciurba – per il suo carattere affabile e gentile. Uomo di grande cultura, tutti lo ricordano girare per la città con la sua mitica Fiat 850 coupé color giallo pastello. È stato un grande personaggio».
I funerali di Giovanni Del Frate si terranno domani alle 11.30 nella chiesa centrale di Genzano, in corso don Minzoni.