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Haiti: caos e terrore nel paese caraibico, ancora incerto il rientro del premier

Scontri tra poliziotti e bande armate. Attaccati stazioni di polizia e aeroporto della capitale. La forte crisi economica alimenta le violenze

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Negli ultimi giorni Haiti ha visto un incremento esponenziale di caos e disordini nelle strade e la situazione, se lasciata incontrollata, potrebbe tramutarsi in una vera e propria guerra civile. Tutto è iniziato 7 giorni fa, più precisamente tra giovedì 29 febbraio e domenica 3 marzo, weekend durante il quale la violenza nelle strade perpetrata da alcune bande armate locali è esplosa, seppur la tensione fosse già alta da tempo ad Haiti.

L’apice dei disordini si è raggiunto sabato 2 marzo, giornata durante la quale diverse prigioni e penitenziari sono stati presi d’assalto e migliaia di prigionieri sono scappati. Si parla di circa 3.600 detenuti evasi solo dal carcere di Port-au-Prince, capitale del paese e tuttora largamente sotto controllo delle bande armate. Da giorni si susseguono scontri tra i poliziotti e i criminali nelle strade, diverse stazioni di polizia sono state attaccate, così come l’aeroporto della capitale. Per questo motivo, a seguito di quanto accaduto nel weekend, erano stati dichiarati tre giorni di emergenza nazionale.

A guidare la coalizione delle bande più potenti del paese è un tale Jimmy Chérizier, ex ufficiale di polizia, anche noto con il nome “Barbecue”. Interpellato dai giornalisti, Chérizier ha risposto che quanto sta accadendo è parte di un piano volto a «bloccare il sistema». Ha poi parlato dell’attuale primo ministro Ariel Henry e di come, qualora quest’ultimo decidesse di non trasferire il potere alle bande, di fatto permettendo così un colpo di stato, si arriverà «direttamente a una guerra civile che porterà a un genocidio».

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Tuttavia, a tali dichiarazioni non è seguita alcuna risposta da parte del primo ministro Henry, il quale tra l’altro non si trova nemmeno ad Haiti. Il primo ministro, così come molti funzionari di alto rango del governo, si trovavano, proprio nei giorni in cui sono esplose le violenze, in Kenya per firmare un accordo per una missione di sicurezza sostenuta dall’Onu, volta a contrastare le bande criminali. Il fatto che il caos sia scoppiato proprio in sua assenza, per molti non è un caso.

Anche il silenzio del primo ministro riguardo l’attuale situazione ha destato non poche perplessità. Henry è diventato primo ministro ad interim di Haiti in seguito alla morte del presidente haitiano Jovenel Moïse, assassinato nel luglio del 2021. Henry è da tempo fortemente contestato per la sua incapacità nel gestire la forte crisi sociale, economica e umanitaria nel paese.

Ad ogni modo, da giorni sembrerebbe che il primo ministro stia cercando di tornare ad Haiti, cosa resa non facile visti i disordini nell’aeroporto di Port-au-Prince e della scarsa cooperazione della Repubblica Dominicana (paese con cui Haiti condivide l’isola di Hispaniola), la quale ha impedito l’atterraggio al jet privato su cui il primo ministro stava volando di ritorno dall’Africa.

La piccola nazione caraibica, situata sull’isola di Hispaniola, conta ben 11 milioni e mezzo di abitanti, ed è una delle nazioni più povere al mondo. Il budget annuale è attorno ai 2,2 miliardi di euro che, come fa notare The Economist, è la metà del budget allocato al dipartimento della polizia di New York.

Milioni di persone ad Haiti vivono sotto la soglia della povertà e la profonda instabilità in cui sta sprofondando il paese non sta facendo altro che aggravare la situazione. Finora sarebbero una decina le morti confermate come risultato dei disordini, seguiti da migliaia di persone sfollate.

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Emanuele Gualandri
Emanuele Gualandri
Laureato in Politica e Diritto internazionale all'Università Statale di Milano. Ha lavorato su Milano come videogiornalista occupandosi di casi di cronaca locale e nazionale nonché politica e movimenti sociali. Ha realizzato analisi sotto forma di video-approfondimenti su YouTube per la pagina di informazione “inBreve”, attirando migliaia di visitatori. Al momento si trova a Bruxelles per conseguire un master in giornalismo e media alla Vub (Vrije Universiteit Brussel).
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