Inizia con un pugno sferrato allo stomaco il live di Daniele Silvestri a Civitanova Marche, con “Argentovivo”, la canzone arrivata sesta al Festival di Sanremo 2019. Un testo durissimo, sui bambini iperattivi, che gli adulti intendono “sedare” con veri e propri psicofarmaci.
Quegli adulti inconsapevoli, che prima dimenticano l’esistenza stessa dei piccoli e il loro desiderio – infranto – di cure, piazzandoli per anni davanti a uno schermo (tv, consolle, cellulare, pc), per poi scoprire che l’unico sentimento che hanno nutrito e allevato in un’adolescenza confusa e solitaria è, ovviamente, il rancore.
Il concerto prosegue per molto più delle due ore previste, con l’alternarsi di atmosfere (apparentemente) scanzonate e di toni più cupi, descrivendo la nostra società per quella che è: un palcoscenico freddo, automatizzato e sordo ad ogni richiesta di umanità e fratellanza. Sette bravissimi musicisti accompagnano Silvestri, che suona alternativamente chitarre e piano, e canta senza una minima flessione e dialoga con un pubblico nutrito, coinvolto e attento, e il tempo passa d’un fiato.
Da “L’uomo del megafono”, a “L’appello”, ai brani del nuovo album, come “Colpa del fonico”, “Tutta”, “L’uomo nello specchio” e la mia preferita “While the children play” (che associo mentalmente a “Where do the children play?” di Cat Stevens), fino ai cinque bis, nei quali include “Cara” di Lucio Dalla, “La paranza” e “Salirò”, il cantautore romano esprime la sofferenza per la solitudine e confusione sociale dell’umanità intera. Con sottile ironia e profonda malinconia.
Ringraziando Best Eventi per l’ottima scelta ed organizzazione e la gentile Silvia delle “groupies”, vi lascio un’ultima considerazione. Lo scrittore afroamericano James Baldwin afferma: «Artists are here to disturb the peace» («Gli artisti sono qui per disturbare la pace»). Daniele Silvestri lo sa bene: infatti da trent’anni ci fa riflettere attraverso la sua arte.