«Spero e prego che qualcuno, prima o poi, possa intitolare un giorno di festa alla mamma, giorno che possa commemorarla per il servizio impareggiabile che ella rende all’umanità in ogni campo della vita. Ha diritto a questo». Parole di Ann Marie Reeves. Parole di una preghiera: quella che Ann, in una domenica del 1876, esprime nella chiesa episcopale metodista Andrews a Grafton, nella Virginia Occidentale. Parole che colpiscono nel profondo dell’animo, tra i fedeli che seguono come ogni domenica la sua lezione, la nona dei suoi undici figli: Anna Jarvis. Sarà lei, tre anni dopo la morte della mamma, il 10 maggio 1908 in quella stessa chiesa, a realizzarne il sogno, celebrando per la prima volta quella festa che commemora il «servizio impareggiabile» che lo spirito materno «rende all’umanità ogni campo della vita».
Un servizio che la tradizione patriarcale della nostra civiltà ha sempre collegato alla equivalenza “donna uguale mamma di propri figli” (più di uno, meglio). Come se l’infinito universo femminile potesse essere confinato nell’angusto ambito del ruolo di madre in senso letterale e di “angelo del focolare”. Una comfort area che garantiva la conservazione del privilegio maschile della gestione degli affari sociali. Filosofia messa in discussione, ai giorni nostri, associando alla figura femminile l’idea più ampia di maternità, come approccio alla vita e come modo di gestione delle relazioni sociali, mano a mano che il ruolo della donna si affrancava dai gravami del patriarcato.
Un’idea più ampia di maternità che risponde all’auspico di quella preghiera di Ann Marie. Il «servizio impareggiabile che ella rende all’umanità in ogni campo della vita» è quello che ogni donna, che sia biologicamente madre o no, offre ogni volta che mette lo spirito materno che ha innato in ogni suo gesto: nella cura di un figlio o comunque di un bambino così come nel sostegno al proprio compagno, o nella forza e nel sentimento che esprime nell’arte, al lavoro, nelle attività sociali. E, oggi lo vediamo sempre di più, anche nella guida dei governi delle più importanti nazioni.
È quella maternità in grado di cambiare il mondo che Anna Jervis, dal giorno in cui ha ascoltato le parole della sua mamma in chiesa, ha cercato di trovare il modo giusto di ricordare al mondo ogni anno. Il giorno della prima celebrazione in assoluto della festa della mamma, invia 500 garofani bianchi ai partecipanti e un telegramma in cui spiega il significato della giornata, mentre lei contemporaneamente è invitata a parlare in una cerimonia all’Auditorium Store di Wanamaker, a Filadelfia, in Pennsylvania.
Qui porta la sua testimonianza, in prima persona. Nona di undici figli di Ann Marie Reeves, mamma che ne vede morire ben sette alla nascita o nei primi anni di vita. Ann Marie era stata un’attivista sociale, fondatrice dei Mothers’ Day Work Clubs e attiva nella sua comunità durante la guerra civile americana. Era amica di Julia Ward Howe, attivista e poetessa, che nel 1870 aveva per la prima volta lanciato l’idea di una festa della mamma, come invito alle madri in tutto il mondo a lavorare insieme per la pace.
Ann Marie teneva anche lezioni nella comunità metodista di Grafton. La madre incoraggia Anna Jarvis a frequentare l’università, al termine della quale va prima a lavorare nella scuola pubblica, poi si impegna come editor di letteratura e pubblicità femminile e come azionista nell’impresa di taxi gestita insieme a un fratello.
La festa della mamma, dall’idea di Anna Jarvis, viene poi istituita in molti Paesi, con date diverse per la sua celebrazione. In Italia l’idea viene proposta il 12 maggio 1957 da don Otello Migliosi, parroco di Tordibetto, frazione di Assisi, come momento di incontro interconfessionale e terreno di incontro e dialogo delle varie culture. A Tordibetto c’è oggi l’unico “Parco della mamma” esistente in Italia. Da allora nel nostro Paese la festa si celebra la seconda domenica di maggio.
Oggi è quel giorno. E scriverne, riportando alla memoria le radici di questa giornata, è forse soprattutto il modo, per una donna che la vita e l’impegno professionale hanno portato lontano dai luoghi e dalle braccia che l’hanno vista nascere e l’hanno allevata, con cui vorrebbe cercare delle parole. Parole che siano in grado di farle esprimere quanto senta ogni giorno, anche a centinaia di chilometri di distanza, la forza e la presenza di una madre: è quella energia materna, a volte silenziosa ma sempre presente, il motore che oggi può spingere il mondo a essere un luogo migliore.