di Biagio Giurato (*)
Non mi sorprende, né mi spaventa più di tanto. Trump non è né la fine di un’epoca, né l’inizio di un’altra ancora più buia. Trump è solo l’ennesimo, triste manifesto di una società senza identità. Da trent’anni a questa parte, in occidente, non facciamo altro che pensare ognuno ai fatti propri.
Ci siamo fatti divorare dalle multinazionali, abbiamo accettato di buon grado di diventare sudditi di algoritmi gestiti dai multimiliardari del web che oggi, non a caso, finanziano e vincono campagne elettorali. Abbiamo scambiato la libertà di dire la nostra ad ogni costo su un social network, come la vera libertà di pensiero. Abbiamo accettato che la velocità fosse l’unico motore per la crescita, dimenticando l’importanza dello studio, dell’analisi e della lenta riflessione.
Non leggiamo più, non riflettiamo più e quei pochi minuti liberi che abbiamo, li passiamo a scrollare reels e stories che dopo 24 ore il nostro cervello rimuove dalla memoria.
Siamo spettatori da trent’anni o forse anche oltre. Non ci impegniamo più culturalmente né politicamente e chiudiamo ogni discorso che potrebbe portare all’emersione di un problema con la frase «tanto non cambia mai niente, tanto è sempre stato così».
Stipendi da fame per comprare cose che non ci servono, ma che ci danno la vaga speranza di poter assomigliare a quei modelli fantocci che seguiamo sui social e che noi stessi, seguendoli, finanziamo. Non esistono più scioperi, non esistono più diritti sul lavoro. Le nuove generazioni non sanno nemmeno cosa sia la politica e la mia, in meno di quarant’anni, ha già perso la speranza.
È saltato il banco e la cosa più grave è che non riesco a provare angoscia. La fine di ogni democrazia ha una sola causa: l’indifferenza. Ora però, per decenza, non venitemi a raccontare che la soluzione a tutto questo possa darmela anche solo uno degli attuali politici in attività. Bisognava fare spazio già vent’anni fa. Non è stato fatto e chest’è.
(*) Marketing & communication manager, content creator & social media manager, formatore, progettista culturale