Il processo di ampliamento della conoscenza e la relativa continua evoluzione del sapere ci hanno fatto superare lo stato di “essere primordiale” e hanno determinato, nel corso dei secoli – con il passaggio da credenza a conoscenza – un incremento della consapevolezza, anche dei fenomeni naturali.
La conoscenza secondo Lucrezio
«Questo terrore dell’animo, dunque, e queste tenebre
non li devono dissolvere i raggi del sole, né i lucidi dardi
del giorno, ma l’aspetto e l’intima legge della natura.
Il cui principio prenderà per noi l’avvìo da questo:
che nessuna cosa mai si genera dal nulla per volere divino.
Certo per ciò la paura domina tutti i mortali:
perché vedono prodursi in terra e in cielo molti fenomeni
di cui in nessun modo possono scorgere le cause,
e credono che si producano per volere divino.
Pertanto, quando avremo veduto che nulla si può creare
dal nulla, allora di qui penetreremo più sicuramente
ciò che cerchiamo, e donde si possa creare ogni cosa
e in qual modo tutte le cose avvengano senza interventi di dèi.»
(Lucrezio, De rerum natura, Libro I)
Già Lucrezio iniziò a togliere gli dèi dalla scomoda posizione di responsabili degli eventi inspiegabili. Egli riuscì in questa azione anche a seguito delle conoscenze sviluppate, e da lui acquisite, dagli astronomi babilonesi e dai geometri egiziani. Da allora furono, però, necessari numerosi secoli per sostituire progressivamente le tradizioni mitiche con un nuovo “ordine del mondo osservato”.
«Lucrezio svolse il ruolo di traduttore, effettuò un eroico trasporto delle idee di Epicuro dal greco in latino, oppure un’enorme “metafora”, dato che “metafora” non vuol dire altro che “trasporto”. In più, Lucrezio trasformò tutte queste idee in versi esametrici, per renderle più orecchiabili, più potenti, più durevoli. Lucrezio creò un ballo sonoro che incorporò le teorie epicuree dell’universo e della vita, e vediamo oggi i risultati: le idee sopravvissero, eccome!»
(Douglas Hofstadter)
I passi evolutivi della conoscenza
Gli avanzamenti culturali non sono il frutto di singole persone ma appartengono alle intelligenze associate di molti individui. La cultura che ci circonda è un impasto omogeneo della memoria antica dell’umanità. Forse ciò potrebbe derivare dalla particolare capacità umana di usare la memoria delle esperienze passate per immaginare situazioni prima di averne esperienza diretta.
Con l’immaginazione, infatti, si è acquisita anche la proprietà di proiettarsi nel futuro per predisporre nuovi e più invitanti comportamenti di interazione con l’ambiente. Sono i nostri desideri, coscienti o no, che determinano il corso delle nostre vite e il corso della nostra storia umana.
Spesso diciamo che il corso della storia umana si è svolto indipendentemente dalle nostre azioni e ci sentiamo trasportati da oscuri motivi che non sono sottoposti al nostro controllo. Ma in quale misura questo modo di pensare è valido?
Dovremmo, invece, pensare che la cultura giochi un ruolo fondamentale nella configurazione sistemistica nella quale operiamo e che le nostre azioni siano guidate dalle nostre emozioni, sempre presenti all’interno del dominio relazionale in cui ci comportiamo. Attraverso esse nascono in noi i desideri legati alla sopravvivenza, alla ricchezza, alla fama ed emergono le azioni tendenti a risolvere quei desideri.
Credo che in questo momento della storia dell’uomo dovremmo dare più valore ai nostri desideri e rispondere al quesito: desideriamo o no essere responsabili dei nostri desideri? E qui entra in gioco il collegamento fra la realtà, cioè tutto quello che è materiale e che esiste indipendentemente dall’osservatore e il pensiero, cioè l‘apparenza, l’idea, la rappresentazione mentale di qualcosa.