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Bayesian e inchiesta femminicidio: due casi di “informazione vietata” in Italia

Legge Cartabia: interpretazione restrittiva censura notizie importanti. Bartoli (Ordine giornalisti): «Magistrati devono informare cittadini»

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Silenzio assoluto per giorni, pur di fronte a un fatto così eccezionale da richiamare l’attenzione dei media di tutto il mondo, anche perché coinvolge persone disperse (poi trovate morte) di vasta notorietà e con ruoli di primo piano nell’imprenditoria e nella finanza internazionali: nessun dato di fatto che possa far capire all’opinione pubblica le circostanze in cui si è verificato il naufragio del veliero Bayesian, alimentando oltretutto le più varie ipotesi, anche di fantasia. E poi una importante notizia tenuta nascosta per sei mesi: l’arresto di un uomo, accusato di aver ucciso la propria moglie sette mesi prima, quando il fatto era stato classificato come un suicidio.

Succede in Italia. Nel ventunesimo secolo. Succede perché i limiti all’informazione li impone una norma varata dal legislatore, la cosiddetta “Legge Cartabia”, dal nome dell’allora Ministra della Giustizia proponente, Marta Cartabia. Come ha chiaramente reso noto a tutti il procuratore capo di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, ieri in occasione della conferenza stampa sul naufragio del Bayesian, sulle circostanze della conseguente morte di sette persone e del salvataggio di 15 superstiti al largo delle coste della località Porticello a Bagheria, nel palermitano.

Il magistrato lo ha spiegato con parole molto chiare. «In questi giorni – ha detto Cartosio – mi sono trincerato nel silenzio, non ho risposto alle domande rivolte dai giornalisti, ma l’ho fatto semplicemente perché è giusto che si sappia che in Italia non è consentito fare diversamente, perché il decreto 106 del 2006 vieta al procuratore della Repubblica di fare dichiarazioni se non in occasioni particolari. Si possono utilizzare solo il comunicato stampa e la conferenza stampa. La legge crea ostacoli notevoli all’attività della libera informazione, ma credo che tutti i cittadini, anche i magistrati, sono tenuti a rispettare le leggi anche quando non piacciono, ecco perché non ho potuto dire nulla. Spero ci sia comprensione».

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Quegli «ostacoli notevoli» sono gli stessi che hanno impedito ai cittadini di venire a sapere che nel marzo scorso è stato arrestato un uomo, accusato dell’omicidio della moglie, originariamente descritto con un suicidio, avvenuto ben sette mesi prima, nell’agosto 2023. In sostanza, solo a un anno di distanza dal gravissimo fatto avvenuto i cittadini vengono a conoscenza che si indaga su un possibile femminicidio, in un paese dove questa piaga è ancora diffusa e fa discutere molto l’opinione pubblica.

«Come se l’uccisione di una donna da parte del marito non fosse una notizia che l’opinione pubblica deve sapere», ha commentato il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, rimarcando che i «magistrati hanno il dovere di informare i cittadini».

«È accaduto a Padova – ha proseguito Bartoli – e il caso è venuto alla luce solo grazie a giornalisti che si ostinano a continuare a svolgere il proprio lavoro, quello di informare i cittadini, nonostante gli ostacoli frapposti da legislatore e inquirenti; con i secondi che, immotivatamente, interpretano la legge Cartabia con modalità ingiustificatamente restrittive».

La legge, infatti, viene inopportunamente definita come norma sulla «presunzione di innocenza». Se non fosse che, senza bisogno di una norma che creasse «ostacoli notevoli» nel rapporto fra inquirenti e giornalisti, è l’articolo 27 della Costituzione a sancire che «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Tanto che, come impara da subito ogni cronista alle prime armi, il giornalista è tenuto, come detta il Testo Unico dei doveri, ad alcuni obblighi: la «tutela della personalità altrui» (articolo 1); «rispetta i diritti fondamentali delle persone» (articolo 2); «rispetta il diritto all’identità personale» e il diritto all’oblio (articolo 3); «non dà notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica» e «verifica, prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia che ne sia a conoscenza l’interessato» e qualora queste cose non fossero possibili «ne informa il pubblico» (articolo 9).

E infine, non certo per ordine di importanza, bensì perché ben rappresenta nel complesso la cornice di riferimento deontologico in tema di innocenza fino a prova contraria, l’articolo 8: il giornalista «rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza. In caso di assoluzione o proscioglimento, ne dà notizia sempre con appropriato rilievo e aggiorna quanto pubblicato precedentemente, in special modo per quanto riguarda le testate online».

Ma non si tratta solo di diritto di cronaca per quanto riguarda indagini e persone accusate. La cronaca ogni giorno ci mette di fronte all’obbligo deontologico di raccogliere e analizzare informazioni che, anche al di fuori dell’ambito di indagini in corso, è interesse dell’opinione pubblica conoscere. È anche questo, infatti, un impegno sancito dall’articolo 2 del Testo Unico dei doveri del giornalista, che «difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti».

È per questo che la “legge Cartabia” si presenta come un doppio bavaglio verso una libera e completa informazione all’opinione pubblica. E lo ribadisce il presidente dell’Ordine Bartoli: «I magistrati, pur nel rispetto della legge, hanno il dovere di informare i cittadini. La presunzione d’innocenza non c’entra nulla con la censura di notizie di rilevante interesse pubblico».

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Massimo Marciano
Massimo Marcianohttp://www.massimomarciano.it
Fondatore e direttore di Metropoli.online. Giornalista professionista, youtuber, opinionista in talk show televisivi, presidente e docente dell'Università Popolare dei Castelli Romani (Ente accreditato per la formazione professionale continua dei giornalisti), eletto più volte negli anni per rappresentare i colleghi in sindacato, Ordine e Istituto di previdenza dei giornalisti. Romano di nascita (nel 1963), ciociaro di origine, residente da sempre nei Castelli Romani, appassionato viaggiatore per città, borghi, colline, laghi, monti e mari d'Italia, attento osservatore del mondo (e, quando tempo e soldi lo permettono, anche turista). La passione per la scrittura è nata con i temi in classe al liceo e non riesce a distrarmi da questo mondo neanche una donna, tranne mia figlia.
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