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Auf Wiedersehen, Kaiser Franz

Addio a Beckenbauer, il calciatore tedesco considerato il difensore più forte della storia, entrato nella leggenda dalla “partita del secolo”

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Il calcio è in lutto. Nel pomeriggio dell’8 gennaio ha perso uno dei suoi più grandi esponenti. Sicuramente il giocatore tedesco più iconico della storia ed uno dei più vincenti, sia con la Nazionale sia con i club. Stiamo parlando di Franz Anton Beckenbauer, soprannominato Kaiser, Imperatore. E già dal suo appellativo, attribuitogli dagli osservatori per esprimere la capacità di dimostrare in gara forte autorevolezza unita a un’eleganza non comune nel gesto atletico, emerge tutta la grandezza del suo stare in campo, oltre che una personalità straripante.

Questo un piccolo consuntivo dei suoi trionfi: cinque campionati tedeschi da giocatore e uno da allenatore, quattro coppe di Germania, tre Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe e una Coppa Uefa in panchina. Tutto ciò tra Bayern Monaco e Amburgo. E tre campionati nordamericani vinti, verso la fine della sua carriera da calciatore, con i New York Cosmos. Senza dimenticare i due palloni d’oro del 1972 e del 1976, primo difensore a collezionare per due volte questo prestigioso riconoscimento. Ma il suo palmares fa invidia anche in Nazionale.

Questa la caratteristica principale del difensore considerato da molti il più forte interprete del ruolo nella storia. Un giocatore dotato di grande tecnica e che ha, a suo modo, rivoluzionato l’essere difensore, dandogli peso anche nella costruzione del gioco.

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Secondo posto al Mondiale del 1966, terzo a quello del 1970, vittoria nell’Europeo del 1972 e nel Mondiale del 1974 da giocatore e primo posto anche nel mondiale italiano del 1990, stavolta da allenatore: uno dei soli tre al mondo (con il brasiliano Mario Zagallo e il francese Didier Deschamps) capace di vincere sia un mondiale da calciatore sia uno da allenatore.

Già, l’Italia. Quell’Italia nel destino che lo ha reso immortale anche nel nostro Paese grazie ad una partita. La partita del secolo.

Italia-Germania 4-3 a Città del Messico, il 17 giugno 1970. Lo stadio Azteca ribolle, così come le case di tutti gli appassionati di calcio. Beckenbauer è la stella di quella Germania. Non segna ma brilla. Non basta per evitare la sconfitta. Boninsegna, Schnellinger, Gerd Muller (due volte), Burgnich, Riva e Rivera i marcatori che hanno firmato con i loro gol le altalenanti emozioni di quella serata al cardiopalma.

Ma l’immagine che è rimasta impressa nella memoria degli appassionati è soprattutto la sua: capace di giocare gli ultimi 25′ dei tempi regolamentari ed entrambi i supplementari con un braccio incollato al petto per una vistosa fasciatura. Lussatosi una spalla in uno scontro di gioco, infatti, Beckenbauer non esitò a tornare in campo, dopo la medicazione per immobilizzare la spalla infortunata, ad aiutare i suoi compagni di squadra, perché la Germania Ovest aveva esaurito le sostituzioni permesse dal regolamento.

C’è chi ancora oggi ricorda ogni singola azione di quello scontro titanico. Ed è anche per quella partita thriller che il Kaiser diventa leggenda: quell’immagine di “uomo di ferro”, che non abbandona i compagni nonostante il dolore, fu il primo passo per la trasformazione dell’atleta in leggenda. Fino ad arrivare ad essere inserito al quarto posto della classifica dei calciatori più forti del XX secolo stilata dalla rivista World Soccer.

A 78 anni si è spenta una luce di un calcio che non c’è più ma che ancora illumina le traiettorie di tanti giocatori nel mondo; che ha ispirato e continua a ispirare generazioni di esteti della difesa. Perché è grazie a Beckenbauer che è stata sdoganata l’eleganza del difensore.

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Edoardo Sanfilippo
Edoardo Sanfilippo
Laureato magistrale in media, comunicazione digitale e giornalismo. Ricopro il ruolo di media analyst a Data Stampa. Le mie passioni? Lo sport, in particolare le quattro ruote, la politica e la scrittura. Adoro curiosare e sapere di più su tutti gli aspetti della società.
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