Il suo ultimo romanzo è, come del resto il primo, un inno all’amore, ai sentimenti, alla possibilità salvifica rispetto al dolore. Lei è Annamaria Bovio, pugliese residente in Svizzera. Classe 1980, cresce in Italia, ma il destino la porta a vivere fuori dalla sua patria. Attualmente lavora e vive in Svizzera. Nel 2019 è uscito il suo libro di esordio, “L’altra metà di me – Ti ho cercata nella vita”, pubblicato con Apollo Edizioni, con cui ha vinto alcuni riconoscimenti di settore.
Da poco è ritornata sulla scena letteraria con “Le parole del cuore – Te lo dico sottovoce”, una raccolta di poesie e pensieri che partono dal cuore. Un grido d`amore per tutti coloro che credono nell`anima gemella.
Vivi in Svizzera, ma sei italiana. Come sei finita lì?
«Vivo in Svizzera dal 2011. Sono finita qui per lavoro. Nella mia vita ho viaggiato. Non tanto, ma sicuramente nei due posti che erano, penso, giá predestinati ad essere i luoghi dove avrei trascorso buona parte della mia vita. Prima di andare nel 2006 a Berlino, c’era qualcosa che mi attirava della Svizzera. All’epoca provai a cercare un lavoro qui, ma con scarso successo. Le mete a cui guardavo erano Berlino, Barcellona e la Svizzera. Il destino mi ha portato prima nella capitale tedesca, dove ho trascorso ben cinque anni anni della mia vita e dove sono diventata libera di essere quella che sono. Solo in seguito sono riuscita a trovare un impiego in Svizzera».
«Alla fine posso dire che, dopo 12 anni, qui mi sento a casa. Non manca il sole e c’è il lago (non potrò mai paragonarlo al mio mare pugliese, ma è il luogo di cui si parla nel mio primo libro). La Svizzera mi ha permesso di crescere e diventare ancora più forte. Qui sono nate le mie ispirazioni e i miei due libri. La Svizzera, insomma, è il luogo a me destinato».
Che rapporti hai con il mondo degli scrittori classici? Chi ti piace?
«Il modo degli scrittori mi appartiene profondamente. Loro sono stati lo stimolo e la forza che mi hanno permesso di usare una penna per tirar fuori parole mie. Tra i miei preferiti ci sono Hermann Hesse, Pablo Neruda e anche Jacques Prévert».
La scrittura per te cosa rappresenta?
«Direi l’infinito. In quelle pagine bianche posso essere me stessa completamente. Quando scrivo, sento le vibrazioni e pulsazioni del mio cuore. Guardo il lago così puro e osservo un’aquila volare nel cielo immenso, chiudo gli occhi e in quell’istante sento battere il mio cuore. Le parole si formano nella mia mente come fossero un vortice. Mi basta solo prendere la penna e lasciarmi guidare».
«La scrittura per me è tutto. L’essere se stessi in ogni momento. La gioia più grande che una persona possa vivere in un istante. Il riuscire a mettere in bianco e nero il proprio dolore, le proprie lacrime. Quelle parole che spesso non siamo in grado di pronunciare, perché magari fanno più male se dette ad alta voce. La scrittura mi ha aiutato tanto, soprattutto nel dolore della perdita. Scrivere mi ha permesso di far uscire quelle parole spezzate, quelle lacrime versate, la rabbia di non avere avuto più tempo di dire le cose che avrebbero dovuto invece essere dette, perchè ormai la persona a cui avrei voluto dirle non c’era più. Scrivere mi permette ogni volta di mettere a nudo la mia anima, con tutte le sfaccettature, le paure e le fragilità. Quando scrivo, è come rinascere ogni volta».
Una omosessualità, la tua, vissuta alla luce del sole.
«Sì. Vivere con gli occhi addosso molte volte non è facile. Mostrarsi per quello che gli altri vogliono che tu sia. Ecco, credo che questa sia la situazione più difficile che si possa affrontare. Ancora oggi ascolto messaggi alla radio che descrivono ragazzi/e malmenati/e, uccisi/e o, ancora peggio, che si tolgono la vita perchè non possono mostrarsi per quello che sono. Questo mi fa male. Viviamo in modo che è fatto di pregiudizi, di rabbia, rancore ed anche di ignoranza. Soprattutto quest’ultima fa davvero tanto male».
«Io sono cresciuta in un mondo dove la parola omosessuale era tabù. Una parola che veniva pronunciata con cattiveria, con disgusto. Che etichettava. Ci è voluta tanta forza di volontà per andare avanti. Oggi vivo la mia omosessualità con serenità. Ogni essere umano ha il diritto di poter camminare senza avere paura di essere se stesso. Un consiglio che spero possa arrivare a tutti coloro che, come me, sanno essere speciali: vivete ogni attimo, non abbiate paura di quello che siete, non negate a voi la possibiltà di essere felici solo perché qualcuno non comprende la parte più bella di voi. Amate ogni piccola particella del vostro “Io”. Sempre e comunque».