C’è una parola che è scomparsa dal vocabolario della politica e che nell’era delle idee “fast food” da social è pronunciata con un esplicito senso di fastidio: intellettuale. Eppure la radice della parola è quell’intelletto che caratterizza le persone in quanto esseri capaci di pensieri e sentimenti profondi: capacità che dovrebbero essere considerate tanto più necessarie quando ci si trova ad assumere un ruolo pubblico. Armanda Tavani, per tutti da sempre solo Danda, intellettuale vera era ed è rimasta fino all’ultimo: profonda nel pensiero come nell’animo. Una di quegli intellettuali di cui, in giorni in cui l’incompetenza e la superficialità di analisi sono elevate a virtù, si sente la mancanza.
Una mancanza che da ieri si è fatta irreparabile con Danda: è venuta a mancare a causa di un malore improvviso e fulminante, in casa, poco dopo aver tranquillamente discusso dell’organizzazione del week end pasquale. Danda è discretamente uscita dalla scena della vita, alla soglia dei 75 anni, così come con discrezione aveva da diversi anni abbandonato la ribalta della politica, che l’ha vista protagonista per decenni. Un rifugio nel privato, in un’epoca in cui una presidenza, un incarico di commissario a qualcosa, un predellino nel sottobosco politico non si negano a nessuno. Ma un intellettuale cerca ben altro.
Danda le luci della ribalta le aveva abbandonate da quando aveva visto maturare questi tempi, nei quali l’«io» prevale insistentemente sul «noi», quel «noi» in nome del quale aveva vissuto intensamente le sue stagioni di passioni sociali: la gioventù nella militanza nel Partito comunista, vivendone da protagonista prima la visione di rinnovamento della società e poi i travagli della trasformazione; la maturità con la scelta dell’impegno nei Democratici di sinistra, che l’ha portata ad assumere il ruolo di donna delle istituzioni, come capogruppo nel Consiglio comunale di Frascati, la sua città; l’apice con l’incarico di assessora comunale alle Politiche culturali ed educative in rappresentanza del Partito democratico, con il quale ha vissuto un intenso periodo di amministratrice e di politica nei Castelli Romani e nel territorio metropolitano di Roma.
Un intelletto vivace non è mai “comodo” per nessuno. Nelle rare volte in cui non riuscivi proprio ad essere d’accordo con lei, ogni confronto alla fine ti riportava alla mente un famoso aforisma di George Bernard Shaw: «Se io ho una mela e tu hai una mela e ce le scambiamo, alla fine sempre con una mela a testa rimaniamo. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e ce le scambiamo, ognuno di noi va via con un’idea in più rispetto a quella che aveva prima».
L’ultimo saluto a Danda è fissato per le 11 di martedì 19 nella Basilica Cattedrale di San Pietro a Frascati: sarà un abbraccio collettivo, al quale ci uniamo con commozione, a Riccardo, alle sorelle, ai familiari, agli amici e compagni di tante battaglie e di tante, interminabili discussioni con lei. Dalle quali uscivi sempre con almeno un’idea in più. E con l’ammirazione per la sua capacità di sintetizzare in poche parole e tanta ironia situazioni e pensieri complessi.
Quando il pensiero comune e la politica diventano troppo “liquidi”, gli intellettuali sanno che devono continuare comunque, anche per altre strade, il loro viaggio, perché il percorso arricchisce sempre, grazie agli incontri che si possono fare lungo il cammino. Un giorno torneranno, grazie alle idee che noi che restiamo saremo stati capaci di far nascere dal ricordo del loro pensiero e delle loro azioni.
E allora fa buon viaggio, Danda!