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L’intrigo del legno pregiato

In questo mondo si traffica di tutto: droga, armi, organi, essere umani, animali... Ma del traffico illegale del legname si parla molto poco

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Mobili, parquet, infissi, porte: tutti complementi d’arredo che hanno in comune la possibilità di essere prodotti con legname proveniente da foreste tropicali, una materia prima molto richiesta perché particolarmente resistente, pregiata e che, soprattutto, rende tantissimo. Tra le varietà più importate in Europa troviamo l’ebano, il palissandro, il mogano, il teak.

L’ebano è originario dell’America tropicale ed è tra i legni esotici più pregiati in commercio: ha diverse varietà a seconda del colore e della durezza. L’ebano non galleggia: è infatti più pesante dell’acqua e la sua fibra, molto dura, si adatta per lavori di tornitura, di intarsio e per la realizzazione di parti di strumenti musicali.

Il palissandro è tra i più conosciuti legni pregiati. Di origine indiana, dal colore marrone con striature rosso scure e dall’odore tipicamente dolciastro e persistente, caratteristica che gli è valso il nome di “legno di rosa”, si adatta benissimo a lavori di intarsio, di tornitura e di ebanisteria.

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Il mogano è originario dell’America tropicale, ha un colore rossastro ed è indeformabile. Per questo è molto usato nella produzione di mobili ma anche nel settore nautico.

Il teak, originario dell’Indocina, ha un colore marrone scuro, si lavora con facilità e, dopo la necessaria stagionatura, è utilizzato per costruire mobili e per costruzioni nel settore nautico grazie alle sue caratteristiche di idrorepellenza, resistenza a salsedine e agenti atmosferici.

Ma questo è solo un piccolo elenco dei legni pregiati depredati continuamente.

Il fenomeno internazionale del saccheggio delle foreste primarie del pianeta è denominato illegal logging, una terminologia inglese utilizzata per descrivere il taglio, indiscriminato e non autorizzato, e il trasporto illegale di legname a scopo di guadagno, grazie alla corruzione di pubblici ufficiali per l’emissione di permessi, vendita ed esportazione. Ogni anno si stima che spariscano dal nostro pianeta circa 13 milioni di ettari di foresta e con essa preziosi ecosistemi ricchi di biodiversità: il 30% della materia prima che entra nel mercato mondiale del legno è illegale, con un giro d’affari valutato tra i 30 e i 100 miliardi di euro l’anno.

L’Italia figura tra i primi importatori di legname al mondo, grazie alla richiesta di materia prima dell’industria del mobile, acquistando legno pregiato da paesi del Centro Africa, Centro-Sud America e Indonesia, dove l’illegalità nel settore forestale e la corruzione sono problemi ben conosciuti da anni. Tutto il legno che arriva in Italia, così come in Europa, è necessariamente accompagnato da una documentazione che ne attesta la legalità: il problema inizia quando si cerca di verificarne l’attendibilità.

I Paesi di produzione o di origine sono spesso tra quelli più poveri del Pianeta e con un altissimo tasso di corruzione. Paesi in cui i conflitti sociali causano violenza e migrazioni di massa e dove le risorse naturali e il legname sono oggetto di profitti illegali. Attraverso la corruzione si può sovrastimare una particella forestale, far emettere autorizzazioni per il taglio, sovraccaricare i container in partenza, unire il legname illegale a quello legale.

Dal marzo del 2013 nell’Unione Europea è in vigore il Regolamento europeo del legno Eutr che vieta la commercializzazione di legname raccolto illegalmente e dei prodotti da esso derivati nell’Unione Europea e stabilisce gli obblighi degli operatori. Le tante lacune di questo regolamento lo rendono insufficiente ad arginare un problema così articolato. La normativa chiede agli operatori, coloro che immettono sul mercato Ue il legno o i prodotti derivati, di attuare un sistema di gestione del rischio e di controllare le filiere di approvvigionamento, mentre i commercianti devono poter fornire informazioni sui loro fornitori e acquirenti per poter tracciare la provenienza del legname.

Ma è un sistema che deve confrontarsi con una complessa catena di passaggi che permette ai registri, illegali e legali, di mescolarsi in un groviglio burocratico contorto.

Ogni tipologia di legno pregiato proveniente da foreste tropicali, per quanto possa essere legale e certificato, ha sempre un enorme impatto sia sull’ambiente sia sulle popolazioni che vivono in quelle aree, ragion per cui non andrebbe mai acquistato: taglio sostenibile, selettivo, sono definizioni escogitate per rassicurare l’opinione pubblica, perché non è possibile selezionare un albero in una foresta e abbatterlo senza distruggere tutta l’area circostante. Altro danno è causato dalla costruzione di tutte le infrastrutture necessarie all’industria del legname: strade, ponti e magazzini. Per far loro posto vengono distrutti interi ecosistemi.

Eppure, si tratta della distruzione di uno degli ecosistemi più importanti per la vita sul pianeta, delle ultime foreste primarie, i nostri polmoni verdi: merita così poca attenzione? Non credo!

I tagli illegali sono associati alla deforestazione, alla perdita di biodiversità e all’emissione di gas serra, nonché a conflitti per il controllo di territori e risorse e alla perdita di potere da parte delle comunità indigene. Salvaguardare le foreste significa tutelare il ciclo dell’acqua, dell’aria e del clima. Come dimostrato dalla letteratura scientifica in materia, la deforestazione selvaggia provoca squilibri climatici a livello globale perché agisce sulla composizione dell’atmosfera, brucia ossigeno e rilascia nell’atmosfera tutta l’anidride carbonica che gli alberi durante la loro vita avevano “inglobato” sotto forma di legno e vegetazione.

La deforestazione è perciò una delle principali cause della presenza di carbonio nell’atmosfera ed è ritenuta responsabile di quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra: un singolo albero produce mediamente 20-30 litri di ossigeno al giorno, una foresta tropicale vergine assicura oltre 15.000 milioni di tonnellate di ossigeno all’anno.

La foresta assorbe carbonio, costituisce l’habitat di milioni di specie animali, fornisce mezzi di sopravvivenza alle popolazioni locali, favorisce forme di economia ecosostenibile e contrasta i cambiamenti climatici: non mi sembra poco!

I tentativi messi in atto per ridurre questo disastro ecologico sembrano, per il momento, del tutto insufficienti ad arginare il problema: i Paesi interessati ritengono di avere il pieno diritto di sfruttare le foreste per la loro crescita economica, ripercorrendo lo stesso cammino compiuto un tempo da quelli che oggi sono considerati i Paesi industrializzati. E non possono ritenersi gli unici responsabili, visto che a finanziare la distruzione delle aree forestali del Pianeta è il commercio internazionale, che richiede quantità sempre crescenti di legname a prezzi sempre più competitivi, prodotti non consumati nel luogo di produzione ma destinati all’esportazione e i cui beneficiari sono, solitamente, i Paesi industrializzati. Un ingranaggio nascosto di cui noi tutti, spesso inconsapevolmente, siamo corresponsabili con l’acquisto di tutto ciò che finisce nelle nostre case e sulle nostre tavole: un problema globale che riguarda l’intera società umana.

Bisogna ridefinire le esigenze di mercato e diminuire drasticamente l’importazione di beni per la produzione dei quali vi è una continua distruzione ambientale, magari ritornando a valorizzare le risorse presenti sul territorio: le foreste primarie sono un bene che l’umanità non può permettersi di perdere.

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Matteo Lai
Matteo Lai
Naturalista, subacqueo, velista ed esperto di educazione ambientale: il mare è la sua passione. Da qualche anno collabora con una società che si occupa di turismo scolastico dove si occupa di educazione ambientale e vela puntando sempre la sua attenzione sui temi della tutela ambientale e della natura. Con la fondazione di One World ha un obiettivo molto semplice: sensibilizzare i cittadini sul valore della tutela ambientale. One World, che ha sede ad Andria (BT), è un’associazione no profit per la tutela ambientale, nata dal desiderio di smuovere la coscienza sociale al fine di radicare nuovi valori ed innescare, così, un circolo virtuoso di comportamenti eco–friendly consapevoli. Tutte le attività che l’associazione One World promuove hanno sempre una valenza educativa finalizzata alla diffusione di una maggiore conoscenza, sensibilizzazione e rispetto dell’ambiente.
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