Il Governo Draghi ormai litiga su tutto. Sul Fisco, in Commissione, tre giorni fa hanno rischiato di finire in rissa. Ma tutti tranquilli, per carità: è sempre una bellissima fiction la politica italiana. Un’arma di distrazione di massa. Basta una vocale per eliminare la paura, la ‘a’ al posto della ‘u’. Questo Esecutivo sta in piedi, paradossalmente, ormai solo perché a tre ore da Roma c’è una guerra scatenata tra bande omologhe: da una parte l’imperialismo russo, dall’altra il nazionalismo ucraino. Con spolverate naziste su entrambi i fronti.
Appunto, distruzione per il popolo. Quando da queste parte è solo distrazione. Con la guerra a tre ore da Roma bisogna pur sempre dare una botta al cerchio e una alla botte, rischiando però l’osso del collo. Perché non è facile “chiedere la pace” a Putin e allo stesso tempo fare il controcanto a Biden che pigia il piede sull’acceleratore ogniqualvolta gli arriva lo “stimolo” dalle lobbies delle armi e poi dire a Zelensky che c’è tanta vicinanza “elettiva” e che siamo pronti ad abbracciare l’Ucraina (probabilmente rasa a zero dai barbari russi) nella Ue. Domanda sorge spontanea: chi ricostruirebbe cosa e a che prezzo per la Ue, nel caso? Totò avrebbe detto: ma ci facci il piacere…
Un guazzabuglio tale che ci viene da rimpiangere De Michelis e pure Andreotti ma anche Craxi probabilmente, l’unico che mise sul chi va là gli americani. Che gliela fecero pagare, in tutto e per tutto.
Ma andiamo al nocciolo. L’Italia dal 1997 vive una crisi del debito pubblico che ha eroso chilometri di fiducia internazionale nei nostri confronti. Senza andare troppo per le lunghe, domanda sorge spontanea: il premier Draghi, oltre l’uscita affatto felice «condizionatore o pace» che conferma la pochezza comunicativa di tutto l’Esecutivo, ha gli strumenti per ridurre in breve tempo i 1.100 miliardi di euro (circa 2 milioni di miliardi del vecchio conio) di tasse non pagate dagli italiani come riportato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, avvocato Ruffini, appena due giorni fa?
Ruffini lo ha definito come un grande magazzino di tasse non pagate da circa 22 anni. Semplicemente tra il pazzesco e il vergognoso. Nel Mezzogiorno d’Italia ci sono grandi città (Napoli, Palermo su tutte) che hanno accumulato voragini di bilancio ma quella politica, da destra a sinistra passando per il centro, da 50 anni ha basato il proprio (ricco, soprattutto in Sicilia) consenso elettorale sull’assenza di controlli e riscossione. Ma anche a Roma e nel Centro-Nord non si è da meno in quanto a buchi di bilancio.
E non è finita: il Governo presieduto di mister-bank ha mai pensato di affrontare seriamente i 120-130 miliardi attuali (tra i 200 e i 250 mila miliardi di vecchie lire) di elusione/evasione? Della serie: le tasse in Italia le pagano solo i fessi. I controlli? Solo per i fessi, appunto. Perché altrimenti verrebbe meno quel consenso elettorale. La Guardia di Finanza? C’è, fa quello che può.
I sindacati, che avrebbero l’opportunità di cavalcare l’onda a difesa dei redditi fissi, si limitano a chiedere quello che chiedono ormai da 40 anni come un disco rotto: la patrimoniale. Parole e musica del solito Landini, uno che è rimasto alle canzoni anni Settanta, passando dalla Fiom alla Cgil.
Intanto 1.100 miliardi di euro di tasse non pagate e 130 miliardi annui di elusione/evasione non vengono scalfiti perché ci sono più o meno sempre le elezioni. Nel frattempo Draghi fa il simpatico con la frase del giorno «condizionatore o pace», il popolo continua ad essere bue. E io pago, diceva Pantalone… Anche la guerra che nessun italiano ha mai voluto.