Lungo le coste degli Stati Uniti, del Sud America e dell’Australia, una dermatite letale sta uccidendo i delfini. La dermatite è una patologia infiammatoria degli strati superficiali della pelle la cui causa più comune e frequente è il contatto con sostanze urticanti o irritanti. La preoccupazione parte dall’Australia ma i cetacei sono cosmopoliti per cui interessa tutti, perché il problema è strettamente legato a una delle emergenze della nostra era: il cambiamento climatico.
La malattia non è nuova al mondo della scienza. Fu documentata per la prima volta nel 2005 in Louisiana negli Stati Uniti. Da allora i casi sono aumentati e questa dermatite ulcerosa è stata denominata “malattia della pelle d’acqua dolce”. I delfini colpiti dalla patologia muoiono lentamente e dolorosamente in seguito a lesioni cutanee gravi, simili ad ustioni, che compaiono dopo l’esposizione all’acqua dolce.
In Australia è stato effettuato uno studio su una comunità di tursiopi, cetacei appartenenti alla famiglia dei delfini, a seguito di due eventi di mortalità molto simili, evidenziando delle caratteristiche comuni: l’acqua marina presentava una brusca e netta diminuzione della salinità dovuta a ingenti piogge con l’iposalinità che durava da settimane e la presenza di dermatite con chiazze chiare progredite in lesioni ulcerate che arrivavano a coprire fino al 70% del corpo dei delfini, paragonabile a una ustione di terzo grado, dunque estremamente dolorosa.
Oltre al dolore, la patologia comporta infezioni batteriche, fungine o algali, dall’esito mortale. Un’osservazione regolare negli anni successivi ha messo in risalto che le lesioni cutanee si sono verificate fino al 100% degli animali presenti e che la gravità delle lesioni variava quando la salinità diminuiva o aumentava.
I tursiopi sono diffusi in tutti gli ecosistemi costieri del mondo, ad eccezione delle zone artiche e antartiche, e i loro habitat sono soggetti a cambiamenti stagionali, annuali o casuali per influenze naturali o antropiche: ambienti vari e imprevedibili che possono presentare molte incognite per la loro salute. I delfini oggetto di studio possono sopravvivere nelle acque dolci per brevi periodi ma, se eventi atmosferici estremi modificano il loro habitat diminuendone la salinità o se gli animali restano intrappolati a lungo in acque non salate, vanno incontro alla patologia.
Gli scenari dello studio provengono dalle acque australiane, ma i risultati sono applicabili a livello globale a qualsiasi specie di cetacei che vive in habitat costieri o estuari e faciliterà una migliore comprensione della malattia che, con ogni probabilità, continuerà ad emergere laddove le comunità di delfini costieri sono esposte a mutamenti ambientali improvvisi o senza precedenti a seguito di cambiamenti climatici e degrado antropico dell’habitat.
La scienza ci ha svelato un nuovo segnale allarmante da prendere in considerazione e che si spera contribuisca alla consapevolezza sulle conseguenze catastrofiche dei cambiamenti climatici: non lasciamo che sia tutto lavoro sprecato!
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