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Moria di pesci nel Tevere; Maggini (Wwf): «Stiamo avvelenando il territorio»

Preoccupante moria di pesci nelle acque del fiume. Intervista a Raniero Maggini, presidente Wwwf Roma e Area Metropolitana, su possibili cause e rimedi

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In questi giorni abbiamo assistito a un’allarmante moria di pesci nelle acque del Tevere. Il fenomeno è stato segnalato dai cittadini romani ed è stato verificato dalle Guardie giurate del Wwf romano. Giornali e tv ne hanno dato notizia. Sono scattati gli accertamenti previsti per legge. Raniero Maggini, presidente del Wwf di Roma e dell’Area Metropolitana, è stato tra i primi a denunciare il fenomeno, in una sua nota.

Foto di Alberto Puddu

«Ci risiamo – ha detto Maggini -. Non è infrequente, infatti, che con le piogge di fine estate si registri la moria di pesci lungo il Tevere, certamente favorita dalle tante sostanze chimiche utilizzate nelle nostre campagne e che con i temporali vengono portate a valle concentrandosi nei nostri fiumi. Stiamo avvelenando il nostro territorio, il cibo che portiamo sulle nostre tavole ed avveleniamo anche i nostri fiumi, come dimostrano le evidenze delle ultime ore».

Tra le sostanze chimiche per l’agricoltura presenti nel fiume, l’Arpa Lazio, l’Ente regionale per la tutela ambientale, nel recente passato aveva riscontrato anche la presenza di fitofarmaci vietati dalla legge.

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Abbiamo chiesto al Presidente Maggini di spiegarci meglio le ragioni del fenomeno e le conseguenze che comporta sull’ambiente in cui viviamo e sulla nostra salute.

Il fenomeno della moria dei pesci è, dunque, una malattia del nostro fiume?

«Direi: una malattia indotta dall’uomo. Come Wwf abbiamo osservato e denunciato più volte la moria di pesci nelle acque del Tevere negli anni passati. In questa occasione il fenomeno conta tonnellate i pesci morti che si sono riversati in mare trascinati dalle acque del fiume. Come è stato, per esempio, osservato a Fiumicino, presso Focene».

Le sostanze chimiche, fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi, usate in agricoltura e confluite nel Tevere, possono essere la sola causa del fenomeno?

«Non solo. Alle sostanze chimiche per l’agricoltura, autorizzate o non autorizzate, con le piogge estive si aggiunge il costante trascinamento di sostanze organiche che confluiscono nelle acque del fiume, condizionando la concentrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua».

«Un aspetto essenziale per la sopravvivenza della fauna ittica, ancor più quando il livello delle acque diminuisce ed il caldo estivo favorisce alte temperature. Nel contesto urbano si aggiungono poi le sostanze che automobili, ciclomotori e mezzi pesanti lasciano sull’asfalto, e che, trasportate dalle forti piogge estive, finiscono letteralmente con soffocare il fiume e i pesci».

Foto di Alberto Puddu

Qual è la conseguenza per l’uomo?

«Più in generale, le sostanze chimiche dalle acque entrano nella catena alimentare animale e umana, procurando danni alla salute a lungo termine. Pensiamo al pescato in mare destinato alle nostre tavole. Anche i pesci del Tevere finiscono sulle tavole di alcune famiglie. Si tratta di pescatori “amatoriali”, tuttavia piuttosto assidui lungo le banchine del fiume».

«Colgo l’occasione per ricordare che molti dei pesci che oggi troviamo nel Tevere, certamente nel tratto cittadino, appartengono a specie non autoctone, provenienti dal centro-nord d’Europa. Sono state introdotte nel fiume, anche alterandone l’equilibrio ecologico, per la delizia dei cosiddetti pescatori “sportivi”. Dall’Europa dell’Est proviene anche un vero e proprio peso massimo, il pesce siluro, animale assai vorace che può raggiungere facilmente dimensioni e peso ragguardevoli».

Anche in questo caso siamo noi stessi causa di alterazione dell’ecosistema, come i cambiamenti climatici in corso a livello globale hanno ormai reso evidente. Che fare per il nostro Tevere, secondo lei?

«Prima di tutto, limitare le sostanze chimiche usate per l’agricoltura, programmare controlli puntuali di tali sostanze, che al momento ci sembrano carenti, e favorire le colture biologiche, lasciando maggiore spazio ai fiumi favorendo la ricostituzione di “fasce tampone” lungo le proprie sponde».

«Il Wwf Italia aderisce all’Iniziativa dei cittadini europei finalizzata alla raccolta firme per chiedere di arginare l’uso di pesticidi in agricoltura, e prevenire fenomeni come quello registrato nella Capitale. L’obiettivo è salvare la natura, a partire da altre specie animali, preziose per l’uomo, come le api e altri impollinatori, e preservare la salute ed il lavoro degli agricoltori, a contatto con le stesse sostanze potenzialmente tossiche irrorate nei propri campi. Per coloro che volessero contribuire alla petizione il link è il seguente: https://www.wwf.it/cosa-puoi-fare-tu/petizioni/stop-ai-pesticidi/».

Foto di Alberto Puddu. Per gentile concessione.
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Salvatore Speranza
Salvatore Speranza
Romano, di formazione epistemologo e teorico della comunicazione. È giornalista e divulgatore scientifico per vari supplementi culturali, scrivendo di matematica, scienze cognitive e naturali, oltre che di comunicazione e di sociologia politica. È presidente regionale Lazio di una storica associazione civica nazionale, per la quale segue prevalentemente i settori ambiente e rifiuti, politiche sociali, relazioni istituzionali e governance.
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