Se fosse stata tua figlia l’avresti abbracciata e basta, dopo un anno e mezzo di preoccupazione, di incubi e di notti insonni. Non avresti dato peso a qualunque cosa potesse dire appena dopo quell’esperienza terribile vissuta: la tua gioia di averla di nuovo tra le braccia sarebbe stata più forte.
Avresti preso a mazzate chiunque avesse osato parlare di tua figlia senza sapere nulla di lei, delle sue scelte personali, delle conseguenze delle costrizioni subite che si porta appresso, di tutte le cose che le erano successe. Avresti fatto di tutto per farla riposare e per farla riprendere, tenendola lontano da chi si sente in diritto di giudicare tutto e tutti in cinque minuti, subito, senza il rispetto per il vissuto di un individuo di cui non sa nulla e neanche qualche giorno di rispettoso silenzio in attesa di capire.
E avresti anche maledetto chi ti avesse potuto rovinare la gioia di quell’abbraccio, che temevi di non poter mai più avere, parlando senza cognizione di causa nel momento in cui il silenzio e la gioia per aver ritrovato una figlia, come fosse figlia di ognuno di noi, dovrebbero essere il più elementare sentimento di umanità che la civiltà dovrebbe insegnarci.