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Pantanello Anagni, calciatori per passione

Il Pantanello Calcio non è soltanto una squadra anagnina, ma un legame di amicizia e un esempio di socialità. Dirigenti e giocatori hanno rinunciato al compenso in nome di un ideale, stimolo e collante che li ha portati dritti alla Prima Categoria. E la manutenzione dell'area di gioco è tutta fai da te

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Hanno scelto di non percepire compensi né rimborsi i dirigenti e i giocatori del Pantanello Calcio (su Facebook: Pantanello Anagni | Facebook), la squadra dell’omonima frazione di Anagni che oggi milita in Prima Categoria dopo un lungo periodo in Terza. Un traguardo fortemente voluto e raggiunto dopo soli tre anni di risalita.

Il nuovo corso dell’associazione dilettantistica del presidente Renato Passa inizia nel 2016, quando un gruppo di amici decide di “ristrutturare” il sodalizio sportivo ma dandosi non solo un obiettivo, anche una linea di condotta che con il tempo, a giudicare dai risultati, ha ripagato sforzi e scelte.

«Era arrivato il momento di dare una sferzata, una spinta in più alla società – spiega Francesco Savone, dirigente – così abbiamo sistemato l’assetto amministrativo e ci siamo rimboccati le maniche, ognuno ha fatto la propria parte. Ci aiutano gli sponsor e ogni tanto ci autofinanziamo, ma nessuno di noi prende una retribuzione o rimborsi spese. Le nostre azioni ruotano attorno allo sport come ideale di alleanza e aggregazione. E mi sento di dire con orgoglio che molte persone ci scelgono anche per questo, per allenarsi, gareggiare senza ambizioni pecuniarie. Anche perché abbiamo già il nostro lavoro».

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Il Pantanello Calcio (su Instagram: Pantanello Calcio @pantanellocalcio) conta sei dirigenti e 22 giocatori, che arrivano da diversi paesi della provincia, anche lontani dalla frazione anagnina. Ci sono operai, impiegati, infermieri che si spostano da Ceccano, Alatri, Guarcino, Paliano, Ferentino. La loro età oscilla dai 25 ai 30 anni.

Tra loro si è consolidato anche un legame di amicizia che va oltre i tre allenamenti settimanali e la partita della domenica. Ci si vede a cena e in questi giorni anche per seguire insieme i campionati europei di calcio.

In questo ultimo anno la squadra è stata ferma a causa della pandemia, eppure le relazioni non si sono interrotte anche se sono state giocate poche partite ad ottobre. Il momento in cui è necessaria e si manifesta la partecipazione di tutti è però la vigilia della partita, quando il campo va messo a punto affinché si possa giocare in sicurezza e in maniera regolamentare.

Si dividono i compiti e ognuno si occupa di un intervento, come segnare le strisce con la calce, acquistare palloni nuovi, eliminare le erbacce. Forse l’opera più impegnativa, oltre alla manutenzione dell’area di gioco, è stato creare un manto di breccia affinché si potesse raggiungere il campo sportivo altrimenti attorniato dal fango.

«C’è anche un gruppo di tifosi che ci segue spesso – racconta Nino Santangeli, anche lui nel consiglio direttivo – ed è un gruppo di ragazzi munito di striscioni e tamburi. Siamo contenti di questo sostegno e siamo ancor più soddisfatti se possiamo aiutare qualcuno, come accaduto con un nostro amico della Costa d’Avorio. Ha giocato con noi a seguito di un accordo con una casa famiglia. Ha poi trovato lavoro come operaio e così ha potuto sposare una ragazza del suo Paese. È questo lo spirito che anima la nostra associazione. Diversamente non avrebbe lo stesso risvolto sociale. Ed è mantenendo saldi questi principi che puntiamo a conquistare la Promozione».

Il Pantanello Calcio, dunque, vuole essere un punto di riferimento aperto al contributo di chi crede nello sport puro, un valore da conservare come tale. «Siamo certi – aggiunge Santangeli – che ci siano altre persone o entità che pensano alla sportività e alla socialità come il perno di realtà calcistiche o sportive come la nostra, che animano il tessuto sociale solo per offrire vitalità, sane ambizioni e motivo per stare insieme in contesti di periferia altrimenti poco attivi. Ci auguriamo, dunque, che il Pantanello Calcio possa ricevere ulteriore sostegno, nel segno dell’amicizia e dello sport. Ve ne saremo grati».

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Marina Testa
Marina Testa
Cresciuta a pane e televisione, maturata negli ambienti della stampa scritta, parlata e visiva, sono una giornalista professionista dal 2004 con esperienze anche nell'ambito di uffici stampa pubblici e privati. Credo nella comunicazione e nell'informazione perché significa entrare in contatto con le persone, raccontare realtà che altrimenti resterebbero fuori dalla porta della storia. A volte sono i luoghi stessi la testimonianza diretta di quanto avvenuto. A volte basta uno scatto fotografico per capire. Vivere nella Valle del Sacco ha radicato ancora di più alcune mie innate convinzioni sul rispetto e l'integrazione con l'ambiente naturale, fonte dell'esistenza di tutti. Un assioma che permea l'attivismo in una federazione per la promozione della ciclabilità.
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