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HomeAttualitàMaltempo e terremoti; gli esperti: «Il territorio va costantemente monitorato»

Maltempo e terremoti; gli esperti: «Il territorio va costantemente monitorato»

Alluvione in Toscana, terremoti in Puglia e Campania, crollo di un palazzo a Bari, siccità in Sicilia. «Sarebbe opportuno mappare ogni città»

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Un monitoraggio continuo dei territori, che tenga conto delle specificità geologiche di ognuno di essi e degli interventi urbanistici operati in zona. È quello che chiedono gli esperti, commentando i recenti eventi che hanno colpito la Toscana, con inondazioni e frane, e la Puglia, dove si è verificata una forte scossa sismica nella provincia di Foggia, avvertita in molte altre zone della regione, solo alcuni giorni dopo un altro evento che ha richiamato l’attenzione delle cronache: il crollo di una palazzina a Bari. Con uno sguardo anche, al contrario di quanto succede in Toscana, alla Sicilia, dove si lamenta l’emergenza siccità.

«Il terremoto di questa notte – ha commentato Giovanna Amedei, presidente dell’Ordine regionale pugliese dei geologi – ha ricordato, in particolare all’opinione pubblica, che anche la Puglia è sismica. Dobbiamo ricordare che viviamo in un’area appartenente alla Zona 2: sismicità medio-alta (accelerazione di picco al suolo fra 0,15 e 0,25 g) dove scosse anche forti sono possibili. Ricordiamoci sempre di sapere come comportarci in caso di terremoti e nelle fasi successive. Possono sembrare banalità ma non lo sono. E spesso la gente ha paura, magari anche perché teme o pensa che il patrimonio edilizio non sia sicuro. L’Italia, dunque, deve fare una profonda riflessione. La riflessione è sulla sicurezza degli edifici datati».

Sicurezza sulla quale si indaga relativamente al crollo, avvenuto lo scorso 5 marzo, di una palazzina in via De Amicis, nella zona centrale di Bari. Dopo oltre 24 ore di intervento senza sosta, i vigili del fuoco sono riusciti a individuare e a estrarre viva dalle macerie una donna, dispersa dopo il crollo (il video delle fasi finali del salvataggio è in fondo a questo articolo). Emozionante l’applauso dei presenti ai soccorritori al momento del salvataggio della donna. Alle operazioni di soccorso hanno partecipato squadre Usar (Urban search and rescue), cinofili, droni e nucleo Saf (Speleo alpino fluviale) giunti dai comandi di Bari, Taranto, Barletta e Foggia.

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Bari, l’area del crollo della palazzina

«Spesso – ha continuato Giovanna Amedei, parlando a proposito del crollo – ci troviamo di fronte ad un patrimonio datato e/o storico, realizzato con fondazioni superficiali o semplicemente “poggiate” su terreno; abitazioni che, magari, non sono state adeguate alle normative sismiche vigenti ma che nel tempo potrebbero avere subìto notevoli rimaneggiamenti».

«Ci dobbiamo ricordare – ha detto ancora Amedei – che le nostre città sono cambiate, che ogni giorno subiscono stress legati al traffico, al clima, alle scosse sismiche che si possono verificare. Ecco perché sarebbe opportuno mappare ogni città, capire lo stato di salute di ogni fabbricato, pubblico e privato, comprenderne gli interventi che necessitano per renderli efficienti specie in termini di staticità».

Un altro fronte sismico che desta allarme in questi giorni è quello dei Campi Flegrei, in Campania, dove è in corso uno sciame con due scosse particolarmente intense, che hanno allarmato la popolazione, verificatesi oggi in tarda mattinata e, precedentemente, nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi. Secondo le stime del Centro studi Plinivs, riportate dall’Agenzia Dire, circa 80mila persone risiedono nelle aree a rischio bradisismico della zona flegrea nell’area metropolitana di Napoli. Lo studio condotto dal centro, sotto il coordinamento della Protezione civile, ha permesso di analizzare la vulnerabilità sismica degli edifici nell’area

L’analisi, riferisce la Dire, ha permesso di classificare i 12.700 edifici, di cui circa 3.700 non residenziali. Sui restanti 9.000 edifici, oltre il 10% è risultato ad alta vulnerabilità e circa il 35% richiede ulteriori valutazioni per determinare il livello di rischio. «Un 50% degli edifici – ha spiegato il professor Giulio Zuccaro, responsabile scientifico del Centro studi Plinivs e professore ordinario di “Scienza delle costruzioni” all’Università degli Studi di Napoli Federico II – si colloca tra un rischio medio e un rischio alto, con oltre il 10% che presenta un rischio elevato. Un sisma di magnitudo 5 su questo 50% di edifici non provocherebbe una catastrofe, ma potrebbe comunque generare danni significativi. Tuttavia, sulla base di questa valutazione, non è possibile prevedere con certezza il numero di edifici che potrebbero crollare o l’impatto sulla popolazione».

Sono al momento 242 le persone senza un’abitazione a causa della dichiarazione di inagibilità conseguente ai danni delle scosse sismiche. Quasi tutte hanno trovato autonomamente una soluzione; solo un piccolo gruppo di 37 persone è stato alloggiato in albergo. Oltre 350 gli interventi di vigili del fuoco e protezione civile. Questi dati sono stati forniti nel pomeriggio dal prefetto di Napoli, Michele Di Bari, dopo la riunione del comitato di coordinamento dei soccorsi.

In Toscana, invece, preoccupano frane ed esondazioni. Sono più di 500 i vigili del fuoco al lavoro per fronteggiare i danni causati dal maltempo: 430 gli interventi finora svolti nelle province di Firenze, Prato, Pisa e Livorno per operazioni di soccorso, allagamenti, frane, dissesti statici e la messa in sicurezza di alberi pericolanti. Richiamati in attività vigili liberi dal servizio e coinvolti i nuclei sommozzatori provenienti da Liguria e Veneto.

«La situazione tra Prato e Firenze è particolarmente drammatica. L’intero reticolo idrografico è in crisi anche per piogge non particolarmente eccezionali per l’incapacità dei corsi d’acqua principali di recepire le acque dei fossi e dei torrenti», riferisce il geologo Francesco Stragapede, responsabile per la Toscana della Società italiana di geologia ambientale (Sigea).

Vigili del fuoco al lavoro in questi giorni in Toscana

«Le intense e prolungate precipitazioni di queste settimane – ha commentato il geologo Riccardo Martelli, consigliere Sigea e presidente dell’Ordine dei geologi della Toscana – hanno messo a nudo le criticità oramai endemiche del nostro territorio aperto, incapace di trattenere le acque in un tessuto organico e ben strutturato di sistemazioni idraulico-forestali o agrarie. È necessario ripensare la progettazione delle aree aperte così da poter dare loro la funzione di presidio per le aree urbane o per i corridoi infrastrutturali principali o secondari. È altresì non più rimandabile un’azione coordinata delle amministrazioni centrali e locali per favorire il ripristino dei sistemi di drenaggio e programmare una continua ed efficace manutenzione dei medesimi».

Secondo il climatologo e geologo Massimiliano Fazzini, responsabile del team sul rischio climatico di Sigea, determinante è stato il cambiamento climatico, che ha portato un aumento di temperature, per cui non nevica più se non alle quote più alte e quindi è aumentata la piovosità.

«Sino alla fine del XX secolo – spiega Fazzini – anche sugli Appennini si poteva sciare sino a Pasqua; ora, se non si ricorresse all’innevamento tecnico, difficilmente ciò potrebbe avvenire. Oltretutto, anche in occasione delle nevicate “tardive”, peraltro sempre più frequenti, il manto nevoso rimane al suolo brevemente, a causa di una repentina ablazione sino alle quote più elevate. Negli ultimi anni, in aprile-maggio, anche sui grandi massicci montuosi dell’Italia centrale, la neve “resiste estesamente” solamente sulle vette. Quindi, se sino a qualche anno fa precipitazioni abbondanti come quelle registrate nelle ultime 48 ore sui crinali dell’Appennino tosco–emiliano–romagnolo erano quasi sempre a carattere nevoso sino alle quote medie, e dunque la risposta idraulica era meno “impulsiva“, ora piove anche sulle cime e dunque tutta l’acqua precipitata sotto forma di precipitazione arriva ruscellando rapidamente e quasi totalmente nei bacini idrografici, con gli effetti deleteri osservati nella giornata di ieri».

«Nella stessa giornata in cui l’Arno fa paura tra Firenze e Pisa – afferma Federico Preti, docente di Idraulica all’Università di Firenze e presidente nazionale dell’Associazione italiana per l’ingegneria naturalistica (Aipin) – a Palermo si sfiorano i 30 gradi ed il vento di scirocco i 100 km/h trascinando sabbia che riduce la visibilità. Le recenti piogge in Sicilia non ci consentono di dimenticare il rischio desertificazione né di rinunciare a dragare i fanghi dalle dighe. Ci servirebbero tanto per interventi preventivi di ingegneria naturalistica per le prossime frane che inevitabilmente si alterneranno alla siccità. Ed inoltre dragare e riutilizzare i sedimenti interriti a monte di dighe o negli invasi collinari recupererebbe capacità d’invaso utile per laminare le piene e per avere poi maggiori riserve d’estate».

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Massimo Marciano
Massimo Marcianohttp://www.massimomarciano.it
Fondatore e direttore di Metropoli.online. Giornalista professionista, youtuber, opinionista in talk show televisivi, presidente e docente dell'Università Popolare dei Castelli Romani (Ente accreditato per la formazione professionale continua dei giornalisti), eletto più volte negli anni per rappresentare i colleghi in sindacato, Ordine e Istituto di previdenza dei giornalisti. Romano di nascita (nel 1963), ciociaro di origine, residente da sempre nei Castelli Romani, appassionato viaggiatore per città, borghi, colline, laghi, monti e mari d'Italia, attento osservatore del mondo (e, quando tempo e soldi lo permettono, anche turista). La passione per la scrittura è nata con i temi in classe al liceo e non riesce a distrarmi da questo mondo neanche una donna, tranne mia figlia.
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