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Jannik Sinner: anatomia di un fenomeno normalmente eccezionale

Siamo abituati alle sue vittorie, ma nulla è scontato nel lavoro e nel talento. Per l'Italia immaginarlo sembrava follia fino a pochi anni fa

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Ci stiamo abituando, inutile negarlo. Jannik Sinner ha appena conquistato il suo secondo titolo del Grande Slam della sua ancora giovanissima carriera e tutti hanno la sensazione che non sarà di certo l’ultimo. Più che una speranza è una certezza.

Già, perché il modo in cui ha vinto gli US Open è stato dominante. L’unico dei big 3 a non aver concesso neanche mezzo passo falso, il tutto mentre Carlos Alcaraz veniva schiantato da Botic Van de Zandschulp, numero 68 al mondo, e Novak Djokovic annientato da Alexei Popyrin, numero 24 al mondo.

Invece Jannik ha concesso appena due game in tutto il torneo di Flushing Meadows: uno al primo turno contro Mackenzie McDonald e l’altro nei quarti di finale contro il sempre temibile russo Danil Medvedev, prova superata a pienissimi voti. Il percorso dell’altoatesino può sembrare privo di difficoltà ad una prima occhiata ma, se si considerano gli avversari incontrati, questo torneo poteva riservare una miriade di insidie.

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A partire dai ben 4 americani che si è trovato ad affrontare, con tutto il pubblico di casa pronto a tifare per i propri beniamini. E non dimentichiamoci della finale giocata con un Taylor Fritz che ha disputato un torneo sulle ali dell’entusiasmo, almeno fino a che non ha incontrato sul proprio cammino il demone Sinner.

Ma tutto ciò, senza rendercene conto, sta diventando la normalità. Uno status quo al quale non vorremmo mai abituarci, forse per la voglia di gioire sempre a pieno delle sue vittorie senza considerarle scontate. Anche perché di scontato nel lavoro e nel talento di un ragazzo di 23 anni, venuto dall’Italia e che sta conquistando il mondo a suon di dritti e rovesci incantati, non c’è nulla.

Due titoli del Grande Slam, una Coppa Davis, 16 tornei Atp, tra 1000, 500 e 250 e posizione di numero uno al mondo consolidata almeno fino a fine anno. Qualche anno fa avere un italiano con questo storico in uno sport come il tennis sembrava follia, il frutto della mente di un visionario. Ma, forse, stiamo vivendo la ricompensa di tutto questo tempo nel limbo. Come la venuta di un Messia. E allora godiamoci ogni momento, perché finalmente abbiamo la fortuna di viverli. Senza il timore di risvegliarci bruscamente da un sogno.

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Edoardo Sanfilippo
Edoardo Sanfilippo
Laureato magistrale in media, comunicazione digitale e giornalismo. Ricopro il ruolo di media analyst a Data Stampa. Le mie passioni? Lo sport, in particolare le quattro ruote, la politica e la scrittura. Adoro curiosare e sapere di più su tutti gli aspetti della società.
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