«Il divieto di pubblicare che secreta le ordinanze di custodia cautelare e i contenuti fino alla fine dell’udienza preliminare rappresenta un provvedimento autoritario gravissimo che non solo colpisce e limita il lavoro dei giornalisti ma soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati e rende più indifese le stesse persone private della libertà». Lo scrive in una nota la Rete Nobavaglio, organizzazione impegnata sul fronte della libertà di informazione che riunisce giornalisti e altri professionisti attivi nel sociale, a proposito della proposta di legge di riforma sulla diffamazione in discussione in Parlamento.
La bozza in discussione intende introdurre il divieto di pubblicazione «integrale o per estratto» del testo delle ordinanze di custodia cautelare, fino al processo. «Dal momento dell’arresto fino al processo – scrive sempre la Rete Nobavaglio – all’opinione pubblica per mesi sarà negato il diritto di essere informata su temi importati come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia. Ma non solo: non sarà possibile conoscere le accuse e le prove contestate alla persona finita in carcere».
Nobavaglio si unisce, spiega nella nota, alla richiesta della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e dell’Ordine dei giornalisti, rivolta al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, «di non firmare questo provvedimento liberticida che farà declassare ulteriormente l’Italia, oggi al 41° posto appena dietro a Montenegro, Argentina e Macedonia del Nord, nella classifica del World press Freedom di Reporter sans frontier».
Per questo, viene rivolto un appello ai direttori delle testate giornalistiche e a tutti gli operatori dell’informazione affinché diano vita «a una campagna contro tutti i bavagli». A loro, Nobavaglio chiede anche «di unirsi in una battaglia di civiltà e democrazia che deve creare un’alleanza tra mondo dell’informazione e cittadinanza attiva».
Quella in discussione in parlamento, secondo le organizzazioni di categoria dei giornalisti, è una norma che limiterebbe la conoscenza dei fatti, da parte dei cittadini, ancor più di quanto già accaduto con la riforma Cartabia. Spiega la Rete Nobavaglio nella sua nota: «Con l’alibi della difesa della privacy, del diritto all’oblio e della presunzione di innocenza del decreto Cartabia (che affida ai procuratori la responsabilità di decidere se possa essere resa pubblica una inchiesta) si vuole sempre più condizionare l’indipendenza dell’informazione. La stessa riforma del reato di diffamazione, attualmente in discussione in Parlamento, non solo non risolve il problema delle querele-bavaglio ma toglie ulteriore autonomia ai giornalisti stabilendo multe onerose e l’obbligo di rettifica senza contraddittorio. In questo clima di censura di Stato si contestualizza l’emendamento approvato ieri che proibisce la pubblicazione dei contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».