In Italia sono più di 400mila i cittadini con tumori solidi, del sangue e con gravi patologie cardiovascolari che ancora non sono certi di ricevere in breve tempo il vaccino contro la malattia Covid-19 negli ospedali che li assistono. La priorità nelle immunizzazioni fino ad oggi è stata concessa per fasce d’età e soprattutto agli over 80. «Ma tardare la somministrazione per questo tipo di pazienti fragili è sostanzialmente una condanna a morte», dice l’oncologo Francesco Cognetti.
C’è l’Ifo che per primo ha avviato qualche giorno fa la campagna vaccinale. Ma tutti gli altri nosocomi? E ci sono controindicazioni tra terapie oncologiche e il vaccino? Per capire come stanno le cose l’agenzia di stampa Dire ne ha parlato con il professor Francesco Cognetti, direttore di Oncologia Medica 1 dell’IRCCS Regina Elena di Roma, che si è fatto promotore verso la Regione Lazio della necessità di derogare la legge nazionale e vaccinare presto, come accade nella sua struttura dal primo marzo, tutti i malati oncologici ed oncoematologici.
Professore, i tumori sono tutti uguali davanti al Covid 19 o ci sono alcuni pazienti oncologici più a rischio di altri?
«Alcuni pazienti affetti da tumore con maggiore immunodepressione hanno un rischio maggiore. Mi riferisco ad esempio ai tumori ematologici per cui sono necessarie alte dosi magari di chemioterapia oppure coloro che sono stati sottoposti a trapianto di midollo. Questi pazienti hanno un rischio molto elevato, fino al 50%, di morire in caso di contagio di Covid. Lo stesso rischio che hanno i trapiantati, perché vengono sottoposti a terapie immunosopressive, e gli altri pazienti, soprattutto quelli in trattamento attivo con chemioterapia o immunoterapia: hanno un rischio che può essere valutato dal 25% al 40%. Si tratta perciò, come si può comprendere, di un rischio davvero consistente».
Sono partite nel vostro Istituto le vaccinazioni anti covid-19 per i pazienti oncologici ed oncoematologici.
Quanto è importante, per queste categorie di pazienti, essere messi in sicurezza, perche é nella stragrande maggioranza dei nosocomi la campagna non è partita? E quali sono le regole che voi consigliate tra la prima e la seconda dose?
«Parto dalla seconda domanda che è più semplice. Non c’è nessuna regola particolare da seguire tra la prima e la seconda somministrazione del vaccino. Il paziente svolge una vita normale. È chiaro che deve usare tutti i dpi che vengono comunque consigliati sempre. La legge nazionale prevede una sequenza delle vaccinazioni secondo categorie di soggetti. I pazienti molto fragili e a rischio come quelli oncologici e oncoematologici sono stati “calendarizzati” dopo il completamento della vaccinazione degli ultra 80enni. Il problema è che questa vaccinazione over 80 è molto difficile: finora sono stati vaccinati un milione di anziani rispetto a 4 milioni e trecentomila che dovrebbero essere vaccinati. Per cui è un percorso che va avanti lentamente e noi saremmo arrivati ad ottobre senza poter vaccinare i nostri pazienti. Debbo dire che, appena ho manifestato il problema all’assessore Alessio D’Amato, lui è stato immediatamente sensibile al problema e ha compreso. Per questo la Regione Lazio, per prima, ha fatto una deroga alla disposizione nazionale, anche perché dal punto di vista organizzativo si tratta di pochi pazienti: vengono vaccinati direttamente nei luoghi di cura dai propri specialisti curanti, per cui non c’è una difficoltà dal punto gestionale».
Il vaccino e le terapie possono essere portate avanti tranquillamente oppure il protocollo terapeutico va in qualche modo variato?
«Non ci sono dati scientifici che ci indirizzano verso cambiamenti particolari. In assenza di dati siamo liberi di somministrare il vaccino contemporaneamente alla terapia oncologiche».
L’IFO, oltre alla campagna vaccinale, porterà avanti uno studio di monitoraggio dell’efficacia del vaccino. In modo molto semplice può spiegare a chi ci segue in cosa consiste e perché è importante analizzare questi dati?
«Saremo i primi a livello nazionale e contiamo di vaccinare tremila pazienti. Sappiamo che non ci sono tanti dati della vaccinazione dei pazienti oncologici né in Italia né nel resto del mondo. Annoteremo tutte le caratteristiche cliniche per quanto riguarda l’età, il tipo di tumore, la sede di eventuali metastasi e le condizioni generali del soggetto. Valuteremo del paziente sia il tasso anticorpale specifico contro il Covid ma anche alcuni aspetti dell’immunità cellulo-mediata, cioè linfocitaria, che è più complessa da esaminare. Questo lo faremo sia prima di somministrare il vaccino sia al richiamo e successivamente ogni due o tre mesi. Quindi avremo una marea di dati da cui derivare indicazioni importanti da confrontare con dati di un gruppo di pazienti che non hanno la patologia oncologica e cioè il personale medico e gli over 80. Sono soddisfatto di quello che stiamo facendo perché la pandemia è difficile da frenare».
E a proposito della pandemia, il professor Cognetti aggiunge: «Il numero di nuovi contagiati aumenta considerevolmente anche in funzione delle varianti del virus. Dobbiamo agire sulla mortalità, che in Italia è la maggiore d’Europa: infatti siamo il quarto Paese al mondo per mortalità da Covid. Come possiamo fare? Vaccinando il più possibile e i vaccini vanno dati ai pazienti che poi moriranno di Covid: è questo il problema che deve essere compreso dalle autorità. Trecento o 400 morti al giorno non ci stanno bene. Oltre poi a questi soggetti che muoiono per Covid ne vanno aggiunti gli altri che muoiono per altre patologie. Ripeto, bisogna fare di tutto e immediatamente per abbattere la mortalità».
Con il senno del poi, possiamo dire che l’Europa poteva siglare contratti migliori per l’approvvigionamento dei vaccini. Oggi se lei potesse dare un consiglio al premier Mario Draghi che cosa gli direbbe?
«Penso che l’errore principale sia stato commesso dai governanti europei: un errore terribile di valutazione, magari per ricorrere a sconti o prezzi inferiori, quando poi si parla di alcune decine di milioni e non di alte cifre. Hanno quindi commesso un errore irreparabile e condivido la valutazione e il rigore del nostro premier, che lo ha peraltro manifestato durante l’ultima riunione dei Paesi europei. A questo punto bisogna attrezzarsi in maniera risoluta e andare oltre le lentezze burocratiche che paralizzano l’Europa e guardare agli altri vaccini che sono pare competitivi per efficacia e tollerabilità. Mi riferisco ad esempio allo Sputnik e cercare accordi a questo livello. Arriverà quello della J&J. Insomma bisogna attivare la vaccinazione di massa. Ma nel momento in cui abbiamo pochi vaccini questi vanno riservati alle categorie di pazienti che muoiono di Covid».
(Agenzia DIRE)