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Idee, fatti o persone: dimmi che tema di dibattito scegli e ti dirò chi sei

Da dopoguerra a crisi energetica odierna la geopolitica scrive gli equilibri mondiali. Ma noi preferiamo parlare dei personaggi di casa nostra

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Novembre 1989: crolla il muro di Berlino; l’Unione Sovietica si disgrega; gli Stati Uniti restano i padroni incontrastati del mondo; dieci anni dopo a Mosca arriva Putin, si muove con prudenza ma si vede subito che è un duro; negli anni la Cina cresce sempre di più e piano piano comincia a mettere gli occhi sull’Africa; Putin consolida il suo potere e si capisce che più che il presidente o il primo ministro gli piace fare lo Zar; l’Europa sostanzialmente è il solito carrozzone “Dio per tutti, ognuno per sé” ma intanto cresce, si allarga e in ordine sparso i suoi membri fanno affari con la Russia, soprattutto nel settore dell’energia; gli Stati Uniti cominciano a essere un po’ preoccupati: sentono la pressione della Cina, non hanno idee chiare sull’Africa, temono la crescita della Russia e del potere personale di Putin, hanno paura che l’Europa scappi loro di mano, non sanno che pesci prendere con il Medio Oriente, l’India, il Brasile e gli altri Paesi in via di sviluppo, hanno la spina nel fianco della Corea del Nord e di Taiwan da cui dipendono ormai in larga parte per le forniture di chip e altre tecnologie importanti… insomma si sentono un po’ sotto assedio.

Nel corso degli anni Putin e Xi Jinping consolidano il loro potere e hanno dalla loro parte il vantaggio di essere in sostanza dei governanti a vita che devono rispondere praticamente a nessuno e possono programmare le loro mosse a lungo termine senza il fastidio di elezioni, opposizioni interne e quelle altre menate lì. Xi-Jinping e il suo Paese sono quelli che hanno più da perdere e quindi si muovono con più prudenza sul piano dell’economia, della finanza, della diplomazia.

Putin è più duro come leader e il suo Paese, sia pure molto ricco di risorse naturali, non può contare sugli interscambi commerciali da centinaia di miliardi di dollari l’anno che caratterizzano i rapporti tra Cina, Usa ed Europa ed è per questo che a piccoli passi, scaramuccia dopo scaramuccia, guerriglia dopo guerriglia, invasione dopo invasione, la Russia sceglie di giocare la sua partita con l’opzione militare anziché con quelle diplomatica, economica e finanziaria approfittando anche, come già ricordato, della stabilità politica del suo leader a fronte dei periodici avvicendamenti ai vertici delle potenze occidentali che certo non le agevolano nella individuazione di una linea di condotta, e di risposta, chiara e netta in particolare da parte di Usa e Ue.

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Questi alcuni degli antefatti più recenti ma altri più lontani ce ne erano già stati prima di arrivare ai giorni nostri: la fine della Seconda guerra mondiale nel 1945; la successiva divisione del pianeta in due blocchi con rispettive zone d’influenza; l’inizio della rivoluzione cinese nel 1946 e la nascita della Cina comunista di Mao Tse Tung nel 1949; la firma del Trattato di Roma nel 1957 che avviò la costituzione di quella che è oggi l’Unione europea; la progressiva fine del colonialismo e altro ancora.

Insomma il mondo si stava modificando profondamente e sia prima sia ancor più dopo la caduta del muro di Berlino a reggerne le sorti erano principalmente gli Stati Uniti utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione: diplomatici, economici, finanziari… e militari, come dimostrano le tante azioni armate, coperte o scoperte, che li hanno sempre visti presenti in tutte le aree più calde del pianeta. Del resto l’industria della guerra è sempre stata per gli Usa un grande business economico e finanziario tanto che, secondo una interpretazione molto diffusa dentro e fuori il Paese, nel 1963 si arrivò addirittura all’eliminazione fisica del 35° presidente americano, J.F.K., che aveva dichiarato di voler uscire dal conflitto vietnamita.

Un altro business di enormi dimensioni era ed è quello dell’energia, in particolare gas e petrolio, capace di muovere interessi grandissimi non sempre alla luce del sole, cosa questa che l’Italia, già uscita con le ossa rotte e pesanti limitazioni della propria libertà dalla firma del trattato di pace di Parigi del 1947, ha avuto modo di sperimentare sulla propria pelle quando nel 1962 il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, rimase vittima del sabotaggio dell’aereo aziendale su cui viaggiava.

Di Mattei si sa solo che è stato ucciso (come accertato e confermato da più sentenze) ma non da chi e perché: se dalla mafia per motivi propri o su commissione; dalla politica per loschi giochi di potere; dagli americani delle “sette sorelle”; dai servizi segreti inglesi per le sue attività in Medio Oriente; dai francesi dell’OAS per la sua vicinanza all’Algeria durante la guerra d’indipendenza; da chi in piena guerra fredda poteva vedere di cattivo occhio i suoi crescenti buoni rapporti con l’Unione Sovietica, ecc. ecc. Chi invece sapeva, o stava per sapere (ma non avrebbe dovuto!) è stato ucciso o è sparito nel nulla come Pasolini nel 1975 o De Mauro nel 1970.

Ed ecco che arriviamo ai giorni nostri quando in febbraio l’intelligence americana e quelle di mezzo mondo occidentale sembrano non accorgersi quasi di un ammasso ingente di truppe russe sul confine con l’Ucraina o accorgendosene non riescono a distinguere se 100mila soldati e una fila di carri armati lunga 65 chilometri siano una gita di piacere, una esercitazione militare o una invasione imminente bella e buona… E sì che gli americani dispongono di satelliti e droni in grado di individuare e localizzare con precisione tanto un terrorista chiuso in bagno la mattina mentre si lava i denti davanti allo specchio quanto uno nascosto al buio dentro un cunicolo sotterraneo.

Il resto sono cose note e molto recenti: guerra, distruzione, morte, atrocità, consumo di armi e munizioni per miliardi e miliardi di dollari, minacce su minacce, paura, crisi energetica, crisi economica mondiale (direi in Europa più che altrove): tutti argomenti sui quali avventurarsi è estremamente azzardato per chiunque (dibattiti che ricordano un’arena dove combattono gladiatori e belve feroci) fiuguriamoci per un’osservatore distratto, distante e un po’ prevenuto come me! E il bello è che il peggio sembra dover ancora venire e nessuno sa bene cosa ci aspetti

Nel frattempo il sistema di gasdotti Nord Stream 1 e 2 che lega la Russia all’Europa (ma più di tutti alla Germania) con forti interessi tedeschi che vedevano la partecipazione dell’ex Cancelliere Schroeder con incarichi apicali nelle società russe coinvolte nell’affare, ha cominciato a perdere gas da tutte le parti: a quanto pare si tratta di tre falle apertesi non si sa come sul Nord Stream 2 (ancora mai entrato in funzione ma comunque pieno di gas per mantenerlo alla pressione di esercizio) e una sul Nord Stream 1 (già attivo da tempo ma attualmente fermo perché in manutenzione e anch’esso pieno di gas) con tutto il mondo che si interroga su chi possa trarre maggior beneficio da questo che agli occhi di tutti sembra essere un sabotaggio in piena regola ma di quelli che richiedono uomini, mezzi e tecnologie particolarmente specializzati.

Ebbene su questo scenario che vede: un’Ucraina combattiva sì ma sofferente e in ginocchio; Putin in difficoltà sia in casa che fuori e quindi potenzialmente tentato da azioni sconsiderate (armi nucleari tattiche?); la Cina e i Paesi emergenti che stanno un po’ a guardare per capire meglio da che parte tira il vento; gli Usa e la Nato che continuano a fare la voce grossa (io credo senza sapere bene che pesci pigliare ma altri mi dicono che sicuramente sanno quello che fanno e intanto, aggiungo io, «finché c’è guerra c’è speranza» e le armi si vendono bene); l’Europa che sotto il protettivo, ma costoso, ombrello degli Usa ai quali appare sempre più legata è divisa e in disaccordo su tutto e i suoi membri tirano a fregarsi l’uno con l’altro…

in questo scenario dicevo, noi Italia, vaso di coccio all’interno di un altro vaso di coccio senza una strategia adeguata tra i vasi di ferro, siamo intenti a capire: se Bossi è stato o non è stato rieletto; se Calenda è più spocchioso che pariolino; se Letta doveva andare con Conte invece che con Bonelli e Fratoianni e se deve farlo ora nel Lazio; se la Meloni litiga con Salvini e se Salvini vuole davvero fare Bossi senatore a vita (magari adesso che si è appurato che è stato rieletto non serve più) o se Tajani sarebbe un degno successore di Di Maio alla Farnesina e altre questioni di pari rilevanza strategica.

Bene, giusto per non finire con questa botta di becero qualunquismo chiudo con una citazione di Eleonora Roosevelt, moglie del 32° presidente degli Stati Uniti, che era solita  dire: «Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone».

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Achille Nobiloni
Achille Nobiloni
Nato a Frascati (Roma) nel 1952. Giornalista pubblicista. Dieci anni corrispondente del Messaggero dalla provincia; quindici anni redattore dell'agenzia Staffetta Quotidiana Petrolifera, venti anni dirigente d'azienda in Agip Petroli e in Eni nella direzione Relazioni Esterne e Rapporti Istituzionali. Attualmente in pensione, appassionato di storia locale e arte.
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